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ARGOMENTO: PERCHE' i 10 COMANDAMENTI?

Re: PERCHE' i 10 COMANDAMENTI? 08/03/2013 20:34 #7770

Dice bene Francesco quando afferma: che E' sempre ma che noi abbiamo difficoltà a "rintracciare"... se non ci avesse ricondotti a Lui il Figliolo Gesù.

Questa è la pura verità, Gesù ci ha ricondotti al Padre, il nome ormai perduto in quanto affidato nelle mani degli uomin..... dove grazie a Lui abbiamo il nome a cui rivolgere la nostra supplica per essere salvati.


Atti 4

10Sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d'Israele che questo è stato fatto nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, che voi avete crocifisso, e che Dio ha risuscitato dai morti; è per la sua virtù che quest'uomo compare guarito, in presenza vostra. 11 Egli è
"la pietra che è stata da voi costruttori rifiutata,
ed è divenuta la pietra angolare".
12 In nessun altro è la salvezza; perché non vi è sotto il cielo nessun altro nome che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati».
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Ultima modifica: 08/03/2013 20:36 Da stefano .
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Re: PERCHE' i 10 COMANDAMENTI? 08/03/2013 21:50 #7771

Vorrei portare alla vostra attenzione come noi uomini siamo sensibili quando viene nominato un nostro caro in modo poco riguardoso.

Ricordo ancora molto bene quando per qualche motivo, nel periodo in cui andavo a scuola, alcuni miei compagni si permisero di fare alcune battute umoristiche su mio papà.... devo dirvi che non erano affatto offensive, ma la leggerezza con cui violavano la serietà della persona del mio papà, metteva nel mio cuore dolore acuto, ricordo che non permisi loro più quelle confidenze poco riverenti nei confronti di mio padre.

Sono sicuro che Francesco può affermare che ai suoi tempi al proprio papà ci si rivolgeva con il Voi.......

Sono certo che ogni figliuolo di Dio vero, debba avere ancora più riverenza, ed amore, nei confronti del Padre dal nome glorioso, rispetto a quanto ne abbiamo verso i nostri cari terreni.

Oggi purtroppo la nostra società che trà l'altro si definisce cristiana, con molta facilità diventa davvero irriverente nei confronti dell'utilizzo dei riferimenti a Dio.


Quante barzellette ormai profanano Dio, quante affermazioni bugiarde con spergiuro vengono dette chiamando Dio in causa.


Ma attenzione noi nominiamo il nome di Dio in vano: Con l’ipocrisia, quando professiamo il nome di Dio ma non viviamo secondo tale professione di fede.

Coloro che usano il nome di Cristo, ma non si allontanano dall’iniquità così come quel nome li obbliga a fare, lo stanno nominando in vano; la loro adorazione è vana, Mt 15:7 Is 1:11,13 la loro fede è vana. Gm 1:26 Infrangendo il suo patto; se facciamo delle promesse a Dio, con promesse di fare cose buone, ma non adempiamo i nostri voti a Dio, stiamo usando il suo nome in vano; Mt 5:33 è agire da stolti e Dio non si compiace degli stolti, Ec 5:4 né ci si può beffare di lui. Ga 6:7.

L’Eterno non lo terrà per innocente.

I giudici, che hanno il compito di punire le offese degli altri, possono pensare che ciò non sia degno di nota perché non pregiudica direttamente né la proprietà privata né la quiete pubblica; ma Dio, che è geloso della sua gloria, non lo tollera. Il peccatore forse potrà ritenersi innocente, pensare che non ci sia niente di male in esso e che non dovrà mai renderne conto a Dio.



Ci sarebbe ancora molto da dire ma ogni persona esamini se stesso, e non cada in questo grave errore.
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Re: PERCHE' i 10 COMANDAMENTI? 08/03/2013 22:47 #7772

.

Carissimo, io ho memoria di ragazzotti più grandicelli di me, i quali, si rivolgevano al loro genitore dandogli del voi che nel mio dialetto corrisponde a - "vossia", che è una contrazione di vossignoria che ha il senso di "vostra signoria"... giusto per rendere chiaro l'alto concetto racchiuso nel voi rivolto al genitore. Come dicevo, io ricordo di questo modo di rivolgersi al genitore, ma io non sono stato "svezzato" a questo linguaggio, ciò nonostante, la figura di mio papà, nella mia mente era il massimo che potesse esistere tra i papà nell'ambito dei miei conoscenti;

il mio papà era il migliore di tutti!...

Ora che non c'è più da tanto tempo,

il caro Stefano mi ha "costretto" a rivisitare queste pagine della mia vita... grazie carissimo.

Idealmente sono tornato indietro di 57 anni... quando i miei ricordi sono ancora recuperabili e carichi di sentimento... mio figlio porta il nome di mio papà, io invece porto quello di mio nonno, giusto come tradizione voleva. Il nome di mio papà quando viene evocato, in me si smuove tutto, il suono del suo nome mi fa rivivere momenti particolarmente importanti... alcuni felici, altri meno, ma sempre molto intensi... e comunque, quel nome per me assume questo valore solo quando viene pronunciato nella versione estesa e nel dialetto associato... quindi, nessuna contrazione, diminutivo o vezzeggiativo del nome di mio papà suscita in me delle emozioni o sentimenti degni di nota...l'originale mette in moto dei sentimenti che mi fanno battere forte il cuore.


f.sco
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Re: PERCHE' i 10 COMANDAMENTI? 09/03/2013 18:01 #7777

Anche io ho dei ricordi legati alla mia infanzia, quando ancora, almeno dalle mie parti, ci si rivolgeva ai più anziani, o semplicemente a chi aveva qualche anno in più con un:"Ci cumanna, Signuria?" che significa "Cosa comanda la Signoria Vostra?". Non sto parlando di 100 anni fa, ma solo di 35-40. Era un'altro mondo, si vivevano situazioni completamente diverse da quelle che abbiamo oggi sotto i nostri occhi. C'era maggiore rispetto reciproco ed un forte attaccamento ai veri valori della vita. E a che altro ancora dovremmo rinunciare i prossimi 35-40 anni, se non ritorna prima il Signore?
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Ultima modifica: 09/03/2013 19:39 Da ferdy.
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Re: PERCHE' i 10 COMANDAMENTI? 13/03/2013 10:29 #7804

Ricordati del giorno di Sabbato, per
santificarlo.
Sei giorni lavorerai, e farai ogni tua
opera.
Ma il giorno settimo è Sabbato, ad
onore del Signore tuo Dio: (in esso) non
farai alcun lavoro.


Traduzione di Samuel David Luzzatto.
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Re: PERCHE' i 10 COMANDAMENTI? 13/03/2013 10:35 #7805

Approfondimento di Giuseppe Guarino, fratello molto preparato dottrinalmente parlando, di cui ho moltissima stima , è un po lungo per un forum, ma vale davvero la pena leggerlo.


...........Vi sono delle cose che, proprio perché noi, gli stranieri, gentili convertiti a Cristo, non siamo ebrei, non potremo mai del tutto comprendere e incorporare nella nostra cultura. Io sono convinto che ciò valga anche per lo Shabbat, il Sabato ebraico.

Scrivo questo breve studio sull'argomento perché sollecitato a farlo, ma con un certo interesse, non perché reputi del tutto edificante discutere di questo argomento, ma interessante si ed utile magari per chi si pone delle domande in tal senso. Tali domande, inutile nasconderlo dietro un dito, sono ovviamente alimentate dal ritorno all'obbligo del giorno del Sabato ebraico da parte di alcuni movimenti evangelici. Prego subito costoro di non vedere un tono polemico nella posizione che andrò ad esporre e della quale comunque alla luce della Parola di Dio sono convinto, sebbene nell'esposizione della mia comprensione della Bibbia non rientri la condanna di chi pensa o sente diversamente o si sforza di aderire in una maniera più letterale al Decalogo o alla Legge mosaica.

Facciamo subito una premessa fondamentale. E' d'uso comune ritenere che il primo giorno della settimana, secondo l'uso del nostro calendario civile, sia il Lunedì. Così non è. La Domenica è il primo giorno della settimana! Gesù, ci dicono chiaramente i Vangeli, è risorto il primo giorno della settimana, cioè nel giorno che nel nostro calendario gregoriano è chiamato Domenica. Ed è infatti per questo che la Pasqua viene immancabilmente festeggiata in quel giorno. Consiglio anche di vedere il Catechismo della Chiesa Cattolica su questo argomento, in quanto molto preciso sulla questione e vincolante per i cristiani di fede cattolica - con i quali spesso ho dovuto discutere proprio per convincerli che la Domenica e non il Lunedì sono il primo giorno della settimana. Ne consegue che il Sabato, il giorno del riposo nella narrazione della creazione in Genesi e il giorno citato nella Legge mosaica, è il settimo ed ultimo giorno della settimana.

Premesso ciò cominciamo la nostra discussione.

L'obbligo del Sabato comincia con la promulgazione della Legge mosaica. A parte l'ovvia menzione in Genesi, l'obbligo - ed è un obbligo molto perentorio - dell'osservanza del Sabato viene dalla Legge.

Esodo 31:13 "Quanto a te, parla ai figli d'Israele e di' loro: "Badate bene di osservare i miei sabati, perché il sabato è un segno tra me e voi per tutte le vostre generazioni, affinché conosciate che io sono il SIGNORE che vi santifica."

Vediamo già qui che si parla di "sabati" e non di semplice sabato, perché lo Shabbat, il Sabato ebraico, è molto più complesso della nostra idea del "non vado a lavorare perché è sabato". E' inoltre un segno del patto stipulato fra Dio ed il suo popolo Israele. In quest'ultimo senso, il Sabato mosaico rientra specificamente all'interno del patto stipulato da Dio con la discendenza di Abramo in maniera esclusiva. In questo senso l'obbligo di tutte le prescrizioni per il Sabato e per i Sabati non possono passare alla Chiesa, perché il nostro patto con Dio non dipende dalla legge mosaica.

E infatti i toni forti sono quelli di una legge che riguarda un popolo la cui intera struttura nazionale dipende dalla sua fedeltà ai precetti divini, dove la Legge mosaica va oltre il senso di una legislazione morale, per divenire la regola del vivere quotidiano di un popolo che si insedia nella terra che gli ha promesso il suo Dio.

Ciò è evidente dal brano che segue: "Osserverete dunque il sabato perché è un giorno santo per voi. Chiunque lo profanerà sarà messo a morte. Chiunque farà in esso qualche lavoro sarà eliminato dal suo popolo". Esodo 31:14. E' ovvio che una tale prescrizione è oggi impensabile, ma aveva un senso per un popolo che doveva avere una legislazione che ne garantisse il vivere sedentario con delle regole che ne permettessero la stessa sopravvivenza e la distinzione fra i popoli nel mezzo dei quali si andava ad insediare.

Ciò lo leggiamo anche nelle ulteriori prescrizioni che lo riguardano. "ma il settimo anno sarà un sabato, un riposo completo per la terra, un sabato in onore del SIGNORE; non seminerai il tuo campo, né poterai la tua vigna" (Levitico 25:4). E' pensabile oggi astenersi dal lavoro per un anno intero per osservare alla lettera una prescrizione di questo genere? Ovviamente essa riguardava una cultura rurale ed aveva un senso tanto spirituale quanto una praticità immediata nell'ottimizzazione del sistema delle culture dello stato di Israele.

Tanto era importante il vincolo dei Sabati mosaici per il popolo di Dio che il non averli osservati è fra le cause citate nell'Antico Testamento per la cattività babilonese e per la sua durata di 70 anni, che corrispondeva ad un anno per ogni Sabato non osservato al settimo anno, secondo la previsione biblica.

"Nabucodonosor deportò a Babilonia quanti erano scampati alla spada; ed essi furono assoggettati a lui e ai suoi figli, fino all'avvento del regno di Persia (affinché si adempisse la parola del SIGNORE pronunziata per bocca di Geremia), fino a che il paese avesse goduto dei suoi sabati; difatti esso dovette riposare per tutto il tempo della sua desolazione, finché furono compiuti i settant'anni." (2 Cronache 36:20-21)

Infatti la legge di Mosè prevedeva apertamente la punizione per la trasgressione, tra l'altro, anche dell'osservanza dei Sabati che prescriveva: "E, quanto a voi, io vi disperderò fra le nazioni e vi inseguirò a spada tratta; il vostro paese sarà desolato e le vostre città saranno deserte. Allora la terra si godrà i suoi sabati per tutto il tempo che rimarrà desolata e che voi sarete nel paese dei vostri nemici; allora la terra si riposerà e si godrà i suoi sabati. Per tutto il tempo che rimarrà desolata avrà il riposo che non ebbe nei vostri sabati, quando voi l'abitavate." (Levitico 26:33-35)

Il Sabato, anzi i Sabati previsti dalla Legge mosaica, erano fra le prescrizioni specifiche del patto fra Dio e il suo popolo trasmesso nei primi cinque libri delle nostre Bibbie.

Ma cosa accadde quando i primi gentili, o stranieri, dei non ebrei in parole povere, si convertirono a Cristo?

Fu subito ovvio che il loro rapporto con la Legge mosaica, che di sicuro, in una certa misura, continuava ad essere osservata dai giudei convertiti a Gesù Cristo, non poteva essere lo stesso di quello degli ebrei. Vedi i capitoli degli Atti degli Apostoli da 10 in avanti. Il tutto poi culmina negli eventi descritti al capitolo 15 dello stesso libro, dove la questione dei non ebrei convertiti a Cristo e del loro atteggiamento nei confronti della Legge mosaica e della circoncisione, diventa a dir poco spinosa, motivo di veri e propri contrasti interni. Gli apostoli quindi e gli anziani di Gerusalemme si riunirono e presero una decisione storica che, a mio avviso, esprime a tutt'oggi il senso del rapporto dei non ebrei convertiti a Cristo con la legge dell'antico patto. Vediamo cosa scrissero ai neo convertiti in Antiochia.

"Allora parve bene agli apostoli e agli anziani con tutta la chiesa, di scegliere tra di loro alcuni uomini da mandare ad Antiochia con Paolo e Barnaba: Giuda, detto Barsabba, e Sila, uomini autorevoli tra i fratelli. E consegnarono loro questa lettera: "I fratelli apostoli e anziani, ai fratelli di Antiochia, di Siria e di Cilicia che provengono dal paganesimo, salute. Abbiamo saputo che alcuni fra noi, partiti senza nessun mandato da parte nostra, vi hanno turbato con i loro discorsi, sconvolgendo le anime vostre. È parso bene a noi, riuniti di comune accordo, di scegliere degli uomini e di mandarveli insieme ai nostri cari Barnaba e Paolo, i quali hanno messo a repentaglio la propria vita per il nome del Signore nostro Gesù Cristo. Vi abbiamo dunque inviato Giuda e Sila; anch'essi vi riferiranno a voce le medesime cose. Infatti è parso bene allo Spirito Santo e a noi di non imporvi altro peso all'infuori di queste cose, che sono necessarie: di astenervi dalle carni sacrificate agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati, e dalla fornicazione; da queste cose farete bene a guardarvi. State sani". (Atti 15:22-29)

Gli apostoli, guidati dallo Spirito Santo, sollevano i neocredenti dagli obblighi tipici del giudaismo che sono la circoncisione e osservare la legge mosaica. Non menzionano il Sabato fra le cose importanti che raccomandano ai neoconvertiti, bensì sottolineano l'importanza di una condotta morale sana del cristiano e la sua astensione delle pratiche pagane che li circondavano.

Paolo si sofferma molto nelle sue epistole circa il senso della Legge mosaica nel Nuovo Patto.

"Non siete sotto la legge ma sotto la grazia" (Romani 6:14) scriveva ai cristiani l'apostolo Paolo: la nostra relazione con Dio non è regolata come era per Israele nell'Antico Testamento dalla Legge di Mosè, bensì dalla Grazia in Gesù Cristo. Sintetizzò così la cosa l'apostolo Giovanni: "Poiché la legge è stata data per mezzo di Mosè; la grazia e la verità sono venute per mezzo di Gesù Cristo." (Giovanni 1:17).

Sebbene i principi morali della Legge mosaica valgano anche per la Chiesa, anzi, trattandosi di principi universali, valgono per ogni uomo che voglia operare il bene, tutt'altra cosa è volersi assumere il peso di osservare la legge mosaica nel senso in cui vi era obbligata Israele per il patto stretto con Dio tramite Mosè. E tutti i principi morali vengono riassunti nell'amore: "Non abbiate altro debito con nessuno, se non di amarvi gli uni gli altri; perché chi ama il prossimo ha adempiuto la legge. Infatti il "non commettere adulterio", "non uccidere", "non rubare", "non concupire" e qualsiasi altro comandamento si riassumono in questa parola: "Ama il tuo prossimo come te stesso". L'amore non fa nessun male al prossimo; l'amore quindi è l'adempimento della legge." (Romani 13:8-10).

"Poi, giunti a Gerusalemme (Paolo e Barnaba), furono accolti dalla chiesa, dagli apostoli e dagli anziani e riferirono le grandi cose che Dio aveva fatte per mezzo di loro (fra i pagani convertitisi a Cristo). Ma alcuni della setta dei farisei, che erano diventati credenti, si alzarono dicendo: "Bisogna circonciderli, e comandar loro di osservare la legge di Mosè". Allora gli apostoli e gli anziani si riunirono per esaminare la questione. Ed essendone nata una vivace discussione, Pietro si alzò in piedi e disse: "Fratelli, voi sapete che dall'inizio Dio scelse tra voi me, affinché dalla mia bocca gli stranieri udissero la Parola del vangelo e credessero. E Dio, che conosce i cuori, rese testimonianza in loro favore, dando lo Spirito Santo a loro, come a noi; e non fece alcuna discriminazione fra noi e loro, purificando i loro cuori mediante la fede. Or dunque perché tentate Dio mettendo sul collo dei discepoli un giogo che né i padri nostri né noi siamo stati in grado di portare? Ma noi crediamo che siamo salvati mediante la grazia del Signore Gesù allo stesso modo di loro". (Atti 15:4-11)

Le parole di Pietro sono così significative: da sole dovrebbero bastare per capire che sebbene in quanto credenti siamo obbligati ad osservare la legge morale, la legge di Cristo la chiama altrove Paolo (1 Corinzi 9:21), ma non siamo chiamati ad osservare la legge mosaica come lo era il popolo di Israele per il quale quella legge era stata promulgata.

Gesù spiega il senso profondo e la portata universale dei precetti che troviamo nella stessa legge mosaica: "Uno degli scribi che li aveva uditi discutere, visto che egli aveva risposto bene, si avvicinò e gli domandò: "Qual è il più importante di tutti i comandamenti?" Gesù rispose: "Il primo è: "Ascolta, Israele: Il Signore, nostro Dio, è l'unico Signore: Ama dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutta la mente tua, e con tutta la forza tua". Il secondo è questo: "Ama il tuo prossimo come te stesso". Non c'è nessun altro comandamento maggiore di questi". (Marco 12:28-31)

Ma, allo stesso tempo, i cristiani non hanno più obbligo di osservare la legge ed il grande rischio al quale ci si espone provando a scegliere qualche precetto mosaico e volerlo osservare è insito nella natura stessa del senso del patto di Dio con Israele nella Torah (legge in ebraico): "Infatti tutti quelli che si basano sulle opere della legge sono sotto maledizione; perché è scritto: "Maledetto chiunque non si attiene a tutte le cose scritte nel libro della legge per metterle in pratica" (Galati 3:10). Ma siano rese grazie a Dio per le parole che lo Spirito Santo ispira a Paolo poco più in là nella stesse epistola: "E che nessuno mediante la legge sia giustificato davanti a Dio è evidente, perché il giusto vivrà per fede. Ma la legge non si basa sulla fede; anzi essa dice: "Chi avrà messo in pratica queste cose, vivrà per mezzo di esse". Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, essendo divenuto maledizione per noi ... " (Galati 3:11-13)

Asher Intrater ha scritto un libro (Chi ha pranzato con Abrahamo?) che non smetterò mai di consigliare ai miei lettori! Da ebreo egli spiega il significato unico, per noi non ebrei incomprensibile, dello Shabbat (sabato) ebraico.

"Oggetto di dibattito è soprattutto il comandamento relativo allo Shabbat e alle sue norme che l'ebraismo rabbinico, a volta, si sforza di osservare con eccessiva pedanteria: ad esempio, si discute se sia lecito o meno strappare la carta igienica durante lo Shabbat; per questo motivo alcune comunità usano in quel giorno carta igienica prestrappata e divisa in foglietti", p.168

Sebbene questo possa fare sorridere, estremi del genere ci fanno comprendere il potenziale negativo della ricerca del favore di Dio nel legalismo, nello sforzo quasi ossessivo a mettere in atto questo o quel precetto.

Durante la rivolta dei maccabei, gli ebrei ortodossi, contro gli oppressori seleucidi, nel II secolo a.C., alcuni giudei vennero uccisi in massa perché sorpresi di giorno di sabato e, per tale motivo, non opposero alcuna resistenza. A quel punto, i più lungimiranti proposero una sospensione degli obblighi connessi al sabato fino alla fine della guerra - che venne poi vinta.

Gesù ci spiega il senso vero del Sabato.

"Era sabato, il giorno del riposo previsto dalla Legge di Mosè e mentre Gesù passava per dei terreni coltivati, i suoi discepoli presero a svellere delle spighe. I farisei colsero l'occasione per dirgli: "Guarda i tuoi discepoli fanno ciò che non è lecito fare in giorno di sabato". Ma Gesù rispose loro: "Non avete letto nelle Scritture quello che fece il re Davide, quando si trovava nel bisogno, quando mangiò lui e quelli insieme a lui? Non avete letto di come entrò nella casa di Dio, nel tempio, nel periodo quando era sommo sacerdote Abiatar, e mangiò dei pani della presentazione - che non è lecito mangiare a nessuno se non ai sacerdoti - e ne diede anche a quelli che stavano con lui?". Disse ancora: "Il sabato, il giorno del riposo, è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato. Questo affinché sappiate che il Figlio dell'uomo è Signore anche del sabato" (Marco 2:23-28 - questo brano è tratto dalla mia nuova versione di questo vangelo che sto pubblicando a puntate sul mio stesso sito. Clicca qui per andare a vedere )

In questo contesto Gesù dice le parole che hanno dato il titolo a questo mio studio: "Il sabato, il giorno del riposo, è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato".



Andiamo adesso a vedere cosa insegna il Decalogo proprio sul Sabato, sul giorno del riposo.

"Ricordati del giorno del riposo per santificarlo. Lavora sei giorni e fa' tutto il tuo lavoro, ma il settimo è giorno di riposo, consacrato al SIGNORE Dio tuo; non fare in esso nessun lavoro ordinario, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo servo, né la tua serva, né il tuo bestiame, né lo straniero che abita nella tua città; poiché in sei giorni il SIGNORE fece i cieli, la terra, il mare e tutto ciò che è in essi, e si riposò il settimo giorno; perciò il SIGNORE ha benedetto il giorno del riposo e lo ha santificato." (Esodo 20:8-11)

Come si vede, il tono del comandamento prevede che questo venga osservato dalla nazione di Israele stanziata in maniera sedentaria nella terra che il Signore le aveva promesso dopo la liberazione dal giogo egiziano.

Vi è poi un significato più profondo del Sabato, del giorno del riposo, profetico quasi direi, che l'autore dell'epistola agli Ebrei (che, colgo l'occasione per comunicare al lettore la mia opinione, è l'apostolo Paolo) così ben spiega. Chiedo al lettore di considerare queste parole con grande attenzione perché hanno un grande significato spirituale e riguardano proprio la Grazia e il Riposo del quale godiamo oggi in Cristo, nostro Salvatore.

"Stiamo dunque attenti: la promessa di entrare nel suo riposo è ancora valida e nessuno di voi deve pensare di esserne escluso. Poiché a noi come a loro è stata annunziata una buona notizia; a loro (Israele) però la parola della predicazione non giovò a nulla non essendo stata assimilata per fede da quelli che l'avevano ascoltata. Noi che abbiamo creduto, infatti, entriamo in quel riposo, come Dio ha detto: "Così giurai nella mia ira: "Non entreranno nel mio riposo!"" E così disse, benché le sue opere fossero terminate fin dalla creazione del mondo. Infatti, in qualche luogo, a proposito del settimo giorno, è detto così: "Dio si riposò il settimo giorno da tutte le sue opere"; e di nuovo nel medesimo passo: "Non entreranno nel mio riposo!" Poiché risulta che alcuni devono entrarci, e quelli ai quali la buona notizia fu prima annunziata non vi entrarono a motivo della loro disubbidienza, Dio stabilisce di nuovo un giorno - oggi - dicendo per mezzo di Davide, dopo tanto tempo, come si è detto prima: "Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori!" Infatti, se Giosuè avesse dato loro il riposo, Dio non parlerebbe ancora d'un altro giorno. Rimane dunque un riposo sabatico per il popolo di Dio; infatti chi entra nel riposo di Dio si riposa anche lui dalle opere proprie, come Dio si riposò dalle sue. Sforziamoci dunque di entrare in quel riposo, affinché nessuno cada seguendo lo stesso esempio di disubbidienza." (Ebrei 4:1-11)



Varie cause hanno concorso affinché l'uso di riunirsi dei cristiani venisse spostato dal Sabato alla Domenica. Intanto il fatto che non vi fosse più obbligo di osservare il Sabato. Poi le circostanze civili del tempo. Per chi viveva in Israele era persino inevitabile dedicare il Sabato al servizio del Signore ed al riposo, visto che la vita civile era regolata sostanzialmente da una "settimana" di sette giorni che prevedeva l'astensione dalle attività lavorative nel settimo giorno. Lo stesso ovviamente non poteva avvenire per chi viveva in altri luoghi (nell'impero romano il calendario non era uguale a quello ebraico e non vi era neppure una settimana di sette giorni) dove il calendario civile era certamente diverso. Per portare un esempio pratico: se uno schiavo (una qualifica nell'antichità che potremmo assimilare oggi a quella di un lavoratore dipendente) abitava all'interno dello stato di Israele era facile per lui poter osservare il Sabato, avendo un padrone ebreo. Ma per chi viveva al di fuori, con usi civili diversi, era davvero difficile convincere il proprio "signore" degli obblighi del Sabato.

Menzione del primo giorno della settimana come giorno di riunione per i cristiani la troviamo nello stesso Nuovo Testamento.

"Quanto poi alla colletta per i santi, come ho ordinato alle chiese di Galazia, così fate anche voi. Ogni primo giorno della settimana ciascuno di voi, a casa, metta da parte quello che potrà secondo la prosperità concessagli, affinché, quando verrò, non ci siano più collette da fare." (1 Corinzi 16:1-2)

"Il primo giorno della settimana, mentre eravamo riuniti per spezzare il pane, Paolo, dovendo partire il giorno seguente, parlava ai discepoli, e prolungò il discorso fino a mezzanotte." (Atti 20:7)

La consacrazione della Domenica, del primo giorno della settimana, ha anche un senso visto che Gesù è risorto in quel giorno e vi è, quindi, buon motivo perché la Chiesa si riunisca in quel giorno per celebrare quel evento che è il punto d'inizio del suo stesso esistere.

Il Didaché è uno scritto antico sulla dottrina cristiana, davvero molto bello per semplicità e per la sistematicità con cui espone i fondamenti della dottrina cristiana. E' stato datato nei modi più svariati. Alcuni si sono spinti indietro fino al 50 d.C. Ma la data più probabile sembra la metà del II secolo. In questo scritto il giorno consacrato alla riunione dei cristiani è chiaramente la Domenica che viene chiamata, significativamente, "il giorno del Signore", probabilmente nel senso commemorativo della sua resurrezione. Ciò attesterebbe l'uso consolidato per i cristiani di riunirsi nel primo giorno della settimana anche nel periodo post-apostolico.



Alla luce della Parola di Dio non vi sono obblighi per il cristiano di osservare le prescrizioni mosaiche dello Shabbat. Da questo come dagli altri precetti il Signore ci ha liberati portandoci nel regno del suo amore in Gesù Cristo. Rispetto chi vuole con cuore sincero aderire il più possibile alla Legge di Dio, ma bisogna stare attenti, in questo che è pur sempre un nobile proposito, a non scadere nel legalismo o a caricarsi di pesi dai quali il Signore Gesù, pagando per noi il prezzo previsto dalla Legge per il peccato, ci ha ampiamente liberati.

Chiudo questa mia discussione con una lunga citazione da un'apologia di Giustino martire, cristiano vissuto nella prima metà del II secolo. Credo sia una fonte più che attendibile - ed è anche edificante - per stabilire quale fosse la pratica consolidata nella Chiesa antica.

"... e per tutte le cose che ci vengono date noi benediciamo il Creatore di tutto attraverso il suo Figlio Gesù Cristo, per mezzo dello Spirito Santo. E nel giorno che si chiama "del Sole" (cioè Domenica, come veniva chiamata in quel periodo. Questo antico nome per il primo giorno della settimana è preservato ancora oggi nell'inglese "Sunday", che letteralmente significa proprio "giorno del Sole") tutti quelli che vivono in città o in campagna si riuniscono in un posto, e lì leggiamo le memorie degli apostoli o gli scritti dei profeti per quanto il tempo a nostra disposizione ci permette. Quindi quando chi legge finisce la sua lettura, chi presiede insegna ed esorta ad imitare le cose buone che abbiamo udito. Quindi ci alziamo tutti in piedi e preghiamo e quando finiamo di pregare, come abbiamo detto, vengono portati pane e vino ed acqua, e colui che presiede rende grazie e prega, secondo le sue capacità, e la gente acconsente alla preghiera dicendo Amen... [...] Ma la Domenica è il giorno nel quale ci raduniamo perché è il primo giorno nel quale Dio, avendo mutato la tenebra e la materia, creò il mondo e nello stesso giorno Gesù è risorto dai morti."

10 Marzo 2013
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Re: PERCHE' i 10 COMANDAMENTI? 24/03/2013 20:05 #7921

Onora tuo padre e tua madre,
affinché si prolunghino i tuoi giorni
sulla terra ch’il Signore tuo Dio è per
darti.


Traduzione di Davide Luzzatti
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Re: PERCHE' i 10 COMANDAMENTI? 24/03/2013 20:32 #7923

.................La terra ch’il Signore tuo Dio è per darti è la Canan,quella bella terra dovevano averla nei loro pensieri e davanti agli occhi, ora che si trovavano nel deserto.


Dovevano anche ricordare, quando sarebbero arrivati in quella terra, che la loro permanenza sarebbe dipesa dalla loro buona condotta e che, se non si fossero comportati bene, i loro giorni sarebbero stati abbreviati in quella terra, sia i giorni delle singole persone che ne sarebbero state allontanate, sia i giorni dell’intera nazione che ve ne sarebbe stata scacciata.

Ma qui, in particolare, è promessa ai figli ubbidienti una lunga vita in quella terra meravigliosa se solo avessero onorato i propri genitori.
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Re: PERCHE' i 10 COMANDAMENTI? 24/03/2013 20:44 #7924

Ancora una volta è chiaro che, questo comandamento era rivolto agli Ebrei, e a nessun altro popolo, solo Israele stava entrando nella terra promessa.....erano loro che dovevano osservarlo per avere lunga vita in quella meravigliosa terra promessa.

Cosa chiedeva con il termine onorare i propri genitori:

Ubbidienza ai loro ordini leciti; così rispondete quando vi chiamano, andate dove vi mandano, fate quello che vi chiedono, astenetevi da quello che vi proibiscono; questo, perché siete loro figli, dev’essere fatto con gioia e secondo il principio dell’amore.

Sottomissione ai loro rimproveri, istruzioni e correzioni; non solo a quelli buoni e gentili, ma anche a quelli difficili ed austeri, per amore verso Dio.

Disposizione a ricevere i loro consigli, indicazioni e consensi dei genitori, cercando sempre la loro approvazione in tutto quello che farete.
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Ultima modifica: 24/03/2013 22:34 Da stefano .
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Re: PERCHE' i 10 COMANDAMENTI? 26/03/2013 21:18 #7959

Ancora una volta per fare nostro questo comando rivolto agli Ebrei, occorre attualizzarlo,
è ovvio che, onorare i nostri genitori è in ogni caso ancora un argomento importante per Dio al presente.

Cosa non è più idoneo per noi, la promessa legata al rispetto, la lunga vita nella terra che stavano per prendere possesso.

Non possiamo nemmeno fare allegoria in quanto la terra promessa rappresenta il cielo, e la vita nel cielo ci è concessa dalla grazia in Gesù per il perdono dei nostri peccati.

Altri alludono alla lunga vita in questa terra per chi onora i genitori.....anche questa non credo sia applicabile in quanto molti, anzi moltissimi credenti ferventi i quali onoravano i genitori, sono morti giovanissimi per svariati motivi, c'è anche da dire che non c'è riscontro reale in tal senso oggi.

Quindi il comandamento mette in chiaro il desiderio di Dio.....la sua volontà per noi ci spinge ad un rapporto con i genitori basato da sottomissione, rispetto, ed amore, il quale in parte ci giunge già dal legame del sangue, se questo non bastasse Dio ci comanda di amarli.


C'è da dire ancora una volta che, per un credente il quale ha sperimentato la grazia di Dio nel cuore, come può non amare i propri genitori, se un credente afferma di essere tale ma dimostra evidentemente di mancare verso questo comando, molto probabilmente la sua esperienza di fede potrebbe non essere genuina.
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