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ARGOMENTO: Il pensiero semitico ai tempi di Gesù 2

Re: Il pensiero semitico ai tempi di Gesù 2 28/09/2012 02:08 #5681

Riassumiamo il passo esaminato:

Vv. 1-2 Gesù nasce all'epoca di Erode, e dei magi arrivano a Gerusalemme chiedendo dov'era il Re dei Giudei ch'era nato.
Avevano visto la stella ed erano venuti con lo scopo di adorarLo.

V. 3 Udendo l'affermazione dei magi Erode fu turbato, e uno dei motivi poteva essere la sua usurpazione del trono d'Israele.
Ma anche "tutta Gerusalemme fu turbata con lui. Con queste parole forse Matteo vuole preparare il lettore al futuro rifiuto del Re e del Suo Regno, mostrando che sin dall'inizio il Messia fu rifiutato in un qualche modo dai Suoi connazionali.
Luca esprime un concetto simile scrivendo che "non c'era posto per loro nell'albergo".

V. 4 Egli riunì tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi per conoscere il luogo della nascita, ma probabilmente non il sinedrio. Ricordiamo che tra Erode e gli Ebrei non correva buon sangue.

Vv. 5-6 Essi rispondono, biblicamente, Betlemme. Essi citano una profezia, quella di Michea 5:1-2. In questo capitolo Matteo sta collegando Gesù all'Antico Testamento.
Sia questa profezia che quella citata in 1:23 (Isaia 7:14) sono state adempiute letteralmente.

Vv. 7-8 Erode chiama in segreto i magi, e saputo il luogo, li invia egli stesso a Betlemme, chiedendo loro di fargli sapere il tempo della nascita. Cercava informazioni precise.
Egli appose come scusa il volerLo anch'egli adorare. Il resto del capitolo rivelerà che in realtà il suo intento era un altro.

V. 9-11 I magi partirono alla volta di Betlemme, rifacendosi alla profezia di Michea riportata di certo dal re, e continuando a seguire la stella (che li aveva già condotti fino a Gerusalemme; erano astrologi).
Possiamo notare che nonostante essi furono alla presenza del re in carica, Matteo non riporta che essi si siano "prostrati" o abbiano "reso omaggio" ad Erode (proskyneo), ma solo al Messia.
Fu la stella che li condusse esattamente al bambino Gesù.
Trovarono Lui e Maria sua madre: non viene citato Giuseppe come suo padre.
I magi adorano Gesù e porgono Lui i propri doni: oro, incenso e mirra.

V. 12 Poi, avvertiti in sogno, ritornarono al loro paese per una altra via, non passando da Erode.
Questo verso è un trampolino di lancio, un collegamento con il resto del capitolo.
Lo riprenderemo studiando il prossimo brano.


Quali sono le implicazioni e le applicazioni in questo brano per la mia e la nostra vita?
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Re: Il pensiero semitico ai tempi di Gesù 2 28/09/2012 02:31 #5682

Non pretendo di scriverle tutte, ma solo alcune.

In primo luogo dovremmo aver capito qualcosa in più su Gesù. Quanto è grande Gesù? Sin da piccolo Egli fu disprezzato e, come vedremo nel nostro prossimo passo, perseguitato.
Già da bambino Egli era degno di adorazione, onore. Quanto più ora che siede alla destra del Padre.

Allo stesso tempo Egli è nato da Maria vergine, per opera sovrannaturale dello Spirito Santo. Secondo le profezie dell'Antico Testamento.
Gesù come uomo è nato a Betlemme, porprio come detto dal profeta Michea.
Questo significa che l'Iddio in cui confidiamo è potente da dire le cose e mandarle ad effetto. In quale grande Dio confidiamo.

Molti di noi, certamente, a parole dicono di voler adorare Gesù. Altri, limitandosi, diranno che vogliono "renderGli omaggio".
Sta di fatto, che molti di noi non Lo adorano veramente, né tanto meno rendono Lui omaggio.

Che possiamo distinguerci da quelli che Lo adorano solo a parole, ma che sarebbero pronti ad ucciderLo come Erode.
Nel momento in cui gli usurpiamo il trono del nostro cuore, a Lui che è il Re dei re, stiamo avendo lo stesso atteggiamento di Erode.

Così non sia, ma che il nostro atteggiamento sia come quello dei magi. Essi avevano una conoscenza imperfetta, eppure si recarono ad adorare il Re.
Anche noi, con le nostre imperfezioni, adoriamo il Re. Oggi noi abbiamo la Sua Parola. Essa è affidabile, poiché scritta da uomini ispirati da Dio.
Come abbiamo visto, le parole di Dio non cadono a terra, ma vanno a effetto.

Poiché Dio, nelle realtà terrene ci ha mostrato la Sua potenza, ha detto che Gesù sarebbe nato in un certo modo, e in un certo luogo, e così è stato, non mi fiderò dunque per quel che dice riguardo la mia salvezza?
Credi e sarai salvato; non c'è più dunque nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù.
Non crederò che Egli stesso è Colui che mi perfeziona delle mie imperfezioni? Egli ha iniziato un'opera buona in noi e la condurrà a compimento.
I magi erano astrologi, cristianamente parlando erano "un disastro". Eppure Dio nel Suo amore, proprio nel loro linguaggio, con una stella, li guidò a Colui che sarebbe stata la loro salvezza di lì a circa trent'anni.

Dio si usa di ogni cosa anche dei peccati nostri e altrui, per portarci a consocere la Verità.
Mi spiego meglio. Il peccato perpetrato e vissuto nella mia famiglia, mi portava dolore e sofferenza. Sono questi che mi hanno spinto a cercare Dio.
Il peso per il mio stesso peccato mi faceva stare male. Per questo avevo bisogno di un Salvatore.
Ciò implica che Dio è Colui che mi è venuto a cercare per primo.

AdoriamoLo e rendiamoGli la gloria, l'onore, la lode e la gratitudine che Gli sono dovute, abbandonando il peccato, deponendo i pesi, e crescendo sempre più nella Verità.

Concludo citando le parole di un canto: "ricordo quante volte mi hai cercato, immerso io nel fango della vita, e non ti sei tirato indietro, fino in fondo per pulire me".

Iddio ci benedica.
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Re: Il pensiero semitico ai tempi di Gesù 2 28/09/2012 10:26 #5685

Chris ho visto anche l'orario del tuo post, quindi grazie, compatibilmente con i tuoi impegni, portaci queste belle riflessioni che ci aiutano a considerare profondamente la nostra salvezza.

Grazie Chris a nome di tutti.
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Re: Il pensiero semitico ai tempi di Gesù 2 29/09/2012 12:02 #5690

I primi due capitoli ci parlano delle origini del Messia. Sono tutto ciò che Matteo ci dice sull'infanzia del bambino Gesù.

Nel cap. 1 ci parla delle sue origini umane (vv. 1-17) e delle sue origini divine (vv. 18-25).

Nel cap. 2 Matteo presenta il Messia Gesù collegandolo all'A.T.
Dopo aver collegato il modo della sua nascita (verginale) da Maria a Isaia (1:23),
collega il luogo della sua nascita, Betlemme, alla profezia di Michea (2:1-12);
poi collega la sua fuga in Egitto e il suo rimpatrio a Israele condotto da Mosè, citando Osea (2:13-15);
collega ancora l'eccidio di Erode, nel tentativo di uccidere anche Gesù, con Geremia (2:16-18);
infine, collega la residenza di Gesù in Nazaret con i profeti dell'A.T.


Dopo aver esaminato i vv. 1-12 e prima di esaminare i vv. 13-15, voglio notare un particolare.

Osservate l'espressione "un angelo del Signore"; questa è presente 5 volte nel Vangelo di Matteo, di cui 4 solo nei primi due capitoli.

Leggiamo anche la presenza di sogni. Giuseppe sogna più volte, i magi sognano.

Questi due aspetti sono volti ad enfatizzare l'intervento soprannaturale di Dio nella nascita e nell'infanzia di Gesù.


C'è però un altro approfondimento che voglio fare circa l'angelo del Signore.

Nella cultura ebraica, come c'è una distinzione tra un messia (unto) e il Messia, v'è tra un angelo del Signore e l'Angelo del Signore.

Dio è circondato da miriadi e miriadi di angeli pronti a servirLo in ogni modo e momento.
Ma l'Angelo del Signore (il maiuscolo è mio, i testi originali non distinguono maiuscole da minuscole) quello con l'articolo determinativo "lo" è il messaggero diretto di Dio, una teofania (un'apparizione di Dio stesso), la presenza stessa di YHWH.

Esaminiamo in proposito un brano famoso della Genesi dal cap. 22:
1 Dopo queste cose, Dio mise alla prova Abraamo e gli disse: «Abraamo!» Egli rispose: «Eccomi».
2 E Dio disse: «Prendi ora tuo figlio, il tuo unico, colui che ami, Isacco, e va' nel paese di Moria, e offrilo là in olocausto sopra uno dei monti che ti dirò».
3 Abraamo si alzò la mattina di buon'ora, sellò il suo asino, prese con sé due suoi servi e suo figlio Isacco, spaccò della legna per l'olocausto, poi partì verso il luogo che Dio gli aveva indicato.
4 Il terzo giorno, Abraamo alzò gli occhi e vide da lontano il luogo.
5 Allora Abraamo disse ai suoi servi: «Rimanete qui con l'asino; io e il ragazzo andremo fin là e adoreremo; poi torneremo da voi».
6 Abraamo prese la legna per l'olocausto e la mise addosso a Isacco suo figlio, prese in mano il fuoco e il coltello, poi proseguirono tutti e due insieme.
7 Isacco parlò ad Abraamo suo padre e disse: «Padre mio!» Abraamo rispose: «Eccomi qui, figlio mio». E Isacco: «Ecco il fuoco e la legna; ma dov'è l'agnello per l'olocausto?»
8 Abraamo rispose: «Figlio mio, Dio stesso si provvederà l'agnello per l'olocausto». E proseguirono tutti e due insieme.
9 Giunsero al luogo che Dio gli aveva detto. Abraamo costruì l'altare e vi accomodò la legna; legò Isacco suo figlio, e lo mise sull'altare, sopra la legna.
10 Abraamo stese la mano e prese il coltello per scannare suo figlio.
11 Ma l'angelo del SIGNORE lo chiamò dal cielo e disse: «Abraamo, Abraamo!» Egli rispose: «Eccomi».
12 E l'angelo: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli male! Ora so che tu temi Dio, poiché non mi hai rifiutato tuo figlio, l'unico tuo».
13 Abraamo alzò gli occhi, guardò, ed ecco dietro a sé un montone, impigliato per le corna in un cespuglio. Abraamo andò, prese il montone e l'offerse in olocausto invece di suo figlio.
14 Abraamo chiamò quel luogo «Iavè-Irè». Per questo si dice oggi: «Al monte del SIGNORE sarà provveduto».
15 L'angelo del SIGNORE chiamò dal cielo Abraamo una seconda volta, e disse:
16 «Io giuro per me stesso, dice il SIGNORE, che, siccome tu hai fatto questo e non mi hai rifiutato tuo figlio, l'unico tuo,
17 io ti colmerò di benedizioni e moltiplicherò la tua discendenza come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; e la tua discendenza s'impadronirà delle città dei suoi nemici.
18 Tutte le nazioni della terra saranno benedette nella tua discendenza, perché tu hai ubbidito alla mia voce».

Notate al v. 1, chi è che sta parlando ad Abraamo? Dio.

V. 2 è sempre Dio che parla e dice ad Abraamo di offrire Isacco in olocausto su uno dei monti che gli avrebbe comunicato in seguito.

V. 9 Abraamo giunse nel luogo che Dio gli aveva detto e prepara l'altare.

V. 10 Abraamo stende la mano per scannare suo figlio.

V. 11 ][u]L'angelo del Signore[/u] chiama Abraamo.
V. 12 è sempre l'Angelo del Signore che parla. Egli dice "Ora so che temi Dio" parla di Dio in terza persona. "Perché non mi hai rifiutato tuo figlio, l'unico tuo".

Come? Il sacrificio era per l'angelo? Un sacrificio per la creatura? Dio forse induce a peccare?
Certo che no! "Nessuno, quand'è tentato, dica: «Sono tentato da Dio»; perché Dio non può essere tentato dal male, ed egli stesso non tenta nessuno" (Giacomo 1:13). Eppure era Dio che aveva chiesto di offrire Isacco in olocausto.

Ma non finisce qui:

v. 15 è sempre l'Angelo del Signore che chiama Abraamo e gli dice:
v. 16 "Io giuro per me stesso, dice il Signore..."

Notate come l'autore non introduce il discorso con "così dice il Signore", ma con "L'angelo del Signore chiamò dal cielo Abraamo una seconda volta, e disse".

Quindi YHWH e l'angelo sono due persone distinte pur essendo un'unica essenza.

Come comprovare questo?
Pensiamo a Gesù. Quante volte pur essendo il Figlio di Dio, distinto dal Padre, si riferisce a Dio in terza persona.
Di Lui è scritto:
Nessuno ha mai visto Dio; l'unigenito Dio, che è nel seno del Padre, è quello che l'ha fatto conoscere (Gv 1:18).


Quindi l'Angelo del Signore, altro non era che una manifestazione di Cristo prima della Sua incarnazione; con una parola Cristofania o Teofania1.





1 Il termine "teofania" è a volte distinto da "cristofania" nello stesso modo in cui si distingue nel N.T. Dio dal Signore Gesù Cristo.
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Re: Il pensiero semitico ai tempi di Gesù 2 29/09/2012 12:13 #5693

Ora però torniamo a Matteo.

Trattando il primo collegamento con l'A.T., faccio un passo indietro.

In Matteo 1:23, l'autore cita Isaia 7:14; questa profezia è stata adempiuta letteralmente.
Gesù era a tutti gli effetti "Dio con noi", l'Emmanuele.

Notiamo inoltre come Matteo voglia convalidare l'origine divina di Cristo in entrambi i capitoli sin ora esaminati.

Torniamo al cap. 1.
Vv. 20-21 Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e spiega lui le origini di Colui che era generato in Maria.

Vv. 22-23 "Tutto ciò", anche l'apparizione di un angelo del Signore, "avvenne affinché si adempisse quello che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta".

C'era una transizione. Da Dio "a noi" (o "per noi"), tramite l'Angelo del Signore, a Dio "con noi", l'Emmanuele.
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Re: Il pensiero semitico ai tempi di Gesù 2 29/09/2012 12:17 #5694

Torniamo al capitolo 2.

La seconda profezia citata da Matteo è quella di Michea nel cap. 5.
Riguarda l'adempimento letterale riguardo il luogo della nascita di Gesù: Betlemme (Mt 2.6).


In questo contesto, possiamo analizzare meglio i brani che seguono.

Lo ricordiamo ancora: Matteo sta parlando dell'offerta del Re e del Suo regno.
Capp. 1-2 - Le origini del Messia.

Cap. 1 Le origini umane e divine;
cap. 2 il collegamento all'AT riguardo le Sue origini.


Esamineremo quanto prima la prossima sezione: Mt 2:13-15.
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Re: Il pensiero semitico ai tempi di Gesù 2 06/10/2012 20:53 #5788

Matteo 2:13 Dopo che furono partiti, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e restaci finché io non te lo dico; perché Erode sta per cercare il bambino per farlo morire».
Matteo 2:14 Egli dunque si alzò, prese di notte il bambino e sua madre, e si ritirò in Egitto.
Matteo 2:15 Là rimase fino alla morte di Erode, affinché si adempisse quello che fu detto dal Signore per mezzo del profeta: «Fuori d'Egitto chiamai mio figlio».

Esaminiamo insieme questo testo.
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Re: Il pensiero semitico ai tempi di Gesù 2 06/10/2012 21:02 #5789

Ricordiamo che Matteo sta collegando il Messia Gesù con l'antico testamento.

Al v. 3 di questo capitolo, Gerusalemme ed Erode sono turbati seppure accada qualcosa di grande.
Lo ricordiamo, Erode era un Edomita;
Dio guidò sovranamente gli eventi anche attraverso l'apparizione di angeli e della stella.
I Giudei non riconoscono il re, i magi invece si recano ad adorarLo.

Egli, Gesù bambino, il Re dei Giudei, viene chiamato figlio di Maria (lett. il bambino e sua madre).
Erode sa che deve adorare quel bambino, ma in realtà non vuole adorarlo.

Uno degli aspetti per cui Erode era conosciuto è che egli eliminava tutta l’opposizione. Pur di cercare di uccidere il pericoloso Gesù egli uccise bambini sotto i due anni; la storia narra che egli uccise anche suo figlio quando divenne per lui un pericolo.
L'imperatore Augusto diceva di lui: “è meglio essere un maiale che un figlio in casa di Erode”; in greco era un gioco di parole e il senso era che un maiale aveva maggiori speranze di vita.

Nel v. 15 Matteo collegò Israele (nazione) a Gesù quali in quanto sia il primo che il secondo vengono chiamati "figlio di Dio".


Nel brano che stiamo esaminando, Matteo sta collegando Gesù, il Figlio di Dio, a Israele (nazione) il figlio di Dio.
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Re: Il pensiero semitico ai tempi di Gesù 2 06/10/2012 21:29 #5790

Nel v. 15 Matteo cita un'ulteriore profezia per collegare Gesù a Israele.
Questa volta, a differenza delle prime due, non lo fa in senso letterale.

Vediamo dunque l'uso che Matteo fa della profezia.

Potremmo aprire un topic solo su come il nuovo testamento usa il vecchio testamento circa le predizioni, le profezie. Ma accorceremo un po’.

Quando leggiamo una profezia nel n.t. subito le persone pensano all’adempimento della profezia stessa. Questo è vero, ma è più complesso. Per esempio Mi 5:2 Michea profetizza che Gesù sarebbe nato a Betlemme.

Riassumiamo le profezie citate in questi primi 2 capp. di Matteo:

Is 7.14 (1.23) letterale
Mi 5.2 (2.5) letterale
Os 11.1 (2.15) non letterale, parla di Israele (nazione), ma Matteo la applica a Gesù.
Gr 31.5 (2.18) donne nella deportazione e ma Matteo la applica a Betlemme.
? (2.23) non troviamo nessuna parte dell’A.T. in cui vi sia questa profezia.

I due contesti (Os e Gr) non hanno nulla a che fare con quello di Matteo.

Se diciamo che la profezia è adempiuta nel nuovo testamento davanti a queste evidenze dobbiamo formulare delle ipotesi:

1) Matteo non sapeva cosa stava dicendo (ciò contraddice l’infallibilità della Scrittura);

2) Matteo reinterpreta il vecchio testamento (questa sarebbe un’ottima interpretazione per il teologo del patto);

3) Il termine greco per adempimento è “plero”, letteralmente significa "riempire".
Questo verbo è usato per "adempiere" una profezia, "adempiere" dei giorni, o anche per essere "ripieni" di Spirito Santo. Significa "riempire". Quindi l’adempimento, ossia il riempire significa “dare un quadro pieno”, in senso letterale (Is o Mi) oppure non letterale (Os, Gr e ?).

Matteo conosce i contesti di queste profezie, ma le usa come una “tipologia” (termine teologico).

In altre parole, come Israele fu tratto dall’Egitto, anche Gesù, il vero e perfetto Israelita, il vero Figlio di Dio, fu tratto fuori d’Egitto.

Come le donne deportate piangono per i loro figli deportati, così le donne di Betlemme piangono per la morte dei loro figli voluta da Erode.

Matteo usa perciò le profezie in due modi:
1) Adempimento diretto (letterale);
2) Adempimento tipologico.

Ciò significa, in quest’ultimo caso, che tali contesti non sono altro che un’ombra dell’antitipo.
Es.: in Levitico abbiamo il tipo (i vari sacrifici di animali) e poi l’antitipo nel n.t., il sacrificio di Cristo.

Israele viene chiamata figlio di Dio e viene chiamata fuori dall’Egitto. Il punto nel paragone era che Israele era disubbidiente, Gesù no.

In Es 14 Israele viene battezzata nel mar Rosso (1Co 10.1-2), e Cristo fu battezzato nel Giordano (Mt 3). Il punto in questo contrasto è che Israele disubbidì a Dio dopo il battesimo, invece Cristo farà piacere a Dio dopo il suo battesimo.

Un terzo punto di paragone è che la nazione d'Israele fu condotta da Dio nel deserto per essere provata (40 anni). Anche Cristo fu provato per 40 giorni nel deserto dopo il suo battesimo.

Israele fallisce nella sua tentazione, Cristo invece ha successo e vince.

Un quarto aspetto è che Israele va ad una montagna per ricevere la legge di Dio. Nei capp. 5-7 Cristo sale sul monte per spiegare la legge di Dio.

Israele ha trasgredito la legge di Dio anche prima che Mosè scendesse dal monte. Cristo invece dirà (in Mt 5:17) di non essere venuto ad abolire la legge, ma ad adempierla ovvero, "per darne la corretta interpretazione".

Israele e Cristo hanno una storia molto simile, e un Giudeo vedrebbe il significato del vero Israelita Gesù Cristo che non fallisce laddove gli altri componenti della nazione Israele fallirono.

Confermiamo questa interpretazione:

Ricollegandoci al cap. 1, notate come i re d'Israele, e gli antenati di Gesù abbiano spesso fallito. Ricordate le quattro donne nominate? Tamar, Raab, Rut, Bat Sceba, erano tutte simbolo del fallimento degli ebrei antenati del Cristo:
essi non dovevano prendere donne cananee (Tamar e Raab), né moabite, in quanto Moab era un popolo maledetto (Rut), né tanto meno il re Davide, l'uomo secondo il cuore di Dio, avrebbe mai dovuto compiere adulterio con Bat-Sceba.

Poi invece, nella seconda sezione del cap. 1 si parla delle origini divine del Messia. Dio è intervenuto personalmente nella storia, mandando il proprio Figlio Unigenito Gesù.
Dio è venuto in carne. La Parola è divenuta carne e ha abitato per un tempo tra di noi.

Ecco perché Gesù è l'Emmanuele, Dio con noi.

Ecco perché il Messia si chiama Gesù, "YHWH salva", poiché YHWH, nella persona del Figlio, la Parola, si è fatto carne, ebreo, umiliandosi e spogliandosi dall'essere Dio per divenire uomo e farsi servo ubbidiente fino alla morte di Croce (Filippesi 2).

Perciò Matteo nel nostro brano sta paragonando "mio figlio" Israele (nazione) del contesto di Osea 11:1, con Gesù Cristo, già presentato come "Figlio di Dio", l'Emmanuele, generato dallo Spirito Santo, riconosciuto come tale dai magi Gentili, e chiamato così per primo da Satana nel Vangelo di Matteo.
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Re: Il pensiero semitico ai tempi di Gesù 2 06/10/2012 21:37 #5791

Gesù è l'Israelita perfetto. Quale esempio possiamo trarre in Lui per la nostra ubbidienza. Quale esempio è Giuseppe in questa vicenda. Egli ubbidisce nonostante le cose incredibili accadano intorno a lui.

Non solo! Questo brano non ci spinge dunque a credere che anche nei nostri fallimenti Dio è sovrano?
Come possiamo noi dubitare della Sua potenza.

Alla luce di quanto condiviso sin ora, specialmente su questo brano, come vogliamo affrontare i nostri fallimenti?

Siamo pronti a deporli ai piedi della croce? E se non lo abbiamo ancora fatto, siamo pronti a deporre la nostra vita ai piedi della croce? Siamo pronti a riconoscere in Gesù il Messia, il nostro Dio e il nostro Salvatore?

Siamo pronti a credere che Egli ci ha salvato dalla pena del peccato (dall'inferno), ma che ci salva anche dalla potenza del peccato, permettendoci di vivere per Lui?

Nel momento in cui c'è un fallimento nella nostra vita: forse le cose non vanno nel nostro matrimonio, nel nostro lavoro, o forse abbiamo paura di fallire davanti a delle scelte importanti che dobbiamo operare; siamo pronti ad affidarci a Dio e a confidare in Lui che è al di sopra dei nostri errori, e dei nostri peccati? Crediamo che veramente Egli è un grande Salvatore? E che è il Signore della storia e dell'universo (in altre parole del tempo e dello spazio)?


C'è un altra applicazione che può scaturire da questi versi.
Gesù si è umiliato e non si è posto problema ad identificarsi con l'Israele che falliva. Ha mostrato la differenza.
Questa è un'applicazione che faccio prima di tutto a me stesso.

Quante volte noi siamo pronti a disprezzare i nostri connazionali invece di identificarci con loro e mostrare la differenza.
Il primo esempio sono i politici: tutti sono pronti a dire che sono corrotti, che sono ladri, ecc. E noi cosa facciamo? Ci consideriamo italiani, considerandoli italiani, mostrando la differenza? Siamo pronti a mostrare, per esempio la differenza nel nostro lavoro? Gli italiani sono conosciuti per "quelli che amano il posto fisso". Poco lavoro e tanti soldi. Siamo noi pronti a lavorare sodo? Siamo conosciuti per i "focosi mediterranei", pronti a lasciarci andare alle passioni mondane: siamo pronti come cristiani ad amare le nostre mogli e in generale a tenere in onore il matrimonio?
Questi sono esempi, le applicazioni sono tante, diverse per ognuno di noi. Gesù si è identificato con Israele e ha mostrato come doveva essere il vero Israelita. Noi facciamo altrettanto?


Che possiamo dare a Lui tutta la gloria.

Dio ci benedica ancora in questa serata.


Shalom in Gesù Messia
Chris
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