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ARGOMENTO: Giuseppe

Re: Giuseppe 27/06/2012 12:35 #4090

Le Vittime della Persecuzione

Giuseppe era il primo obiettivo della persecuzione, ma la sua caduta ha colpito anche altri. Giuseppe ha molto sofferto molto per essa, ma hanno fatto lo stesso suo padre e i suoi fratelli.

Giuseppe ha sofferto. I fratelli malvagi "lo spogliarono della sua veste, della veste lunga con le maniche che aveva addosso![ … ]! lo gettarono nella cisterna![ … ]! e lo vendettero per venti sicli d’argento a quegl’Ismaeliti" Ge 37:23-24,28. Giuseppe è stato spogliato della sua tunica, spinto in una fossa, poi svenduto come schiavo. Il male fa sempre questo ai giusti. È l’abituale prassi della persecuzione.

L’aver spogliato Giuseppe della sua tunica è stato il tentativo del male di abbassare il grado della rettitudine. La tunica parlava del rango, come abbiamo notato in precedenza, e gli ha dato il rango a causa della giustizia, Giuseppe ha ricevuto la veste a causa della sua virtù. I retti sono un abominio per gli empi Pr 29:27, perciò i malvagi si oppongono all’onore dato alla rettitudine. I media liberali denigrano gli uomini buoni, gli educatori si beffano della Bibbia, la società sminuisce l’attività delle madri di restare a casa a prendersi cura dei loro bambini, e gli uomini d’affari insistono coi loro dipendenti per essere presenti al lavoro di domenica, anche se questo significa mancare in chiesa. Questi sono tutti tentativi dei malvagi di voler spogliare la giustizia del suo onore.

L’aver spinto Giuseppe in una cisterna è stato il tentativo del male di privare la rettitudine. Esso vorrebbe privare la rettitudine della giustizia, delle esigenze (i fratelli hanno mangiato un pasto mentre Giuseppe stava nella cisterna senza cibo), delle comodità, e delle cortesie. La storia abbonda di esempi di persone devote che sono state ingiustamente privati da uomini malvagi di cose come case, terreni, alimenti, vestiti e denaro. Questo è il modo in cui alcune chiese maltrattano il loro pastore dandogli un piccolo salario, rilegandolo in una baracca di casa, senza fare erogazioni per molti dei suoi bisogni pressanti, e malgrado questo, ci si aspetta da lui un ministero eccellente. Tutto questo ci fa chiedere se tali credenti siano davvero buoni o siano dei persecutori di devoti ministri di culto.

L’aver svenduto Giuseppe in schiavitù è stato il tentativo della persecuzione di deportare la rettitudine. Alla malvagità non piace avere la rettitudine in giro e farà di tutto per sbarazzarsi di essa. L’apostolo Paolo l’ha sperimentato nel fatto che la gente ha cercato di cacciarlo fuori città molte volte. Giovanni è stato mandato in esilio a Patmos perché il male non voleva avere vicino la rettitudine. E a onor del vero, alcuni pastori sono stati votati o cacciati dal loro ministero perché la rettitudine della loro vita e dei loro messaggi indesiderati non erano accettati da parte dei membri sviati della chiesa.

Il padre di Giuseppe ha sofferto. Quando i dieci fratelli hanno mentito a Giacobbe mostrandogli la tunica ricoperta di sangue, egli è stato sopraffatto dal dolore. Anche se tutti i figli "vennero a consolarlo; ![ … ]!egli rifiutò d’esser consolato" Ge 37:35. Per 22 anni Giacobbe ha portato questa pesante sofferenza nel suo cuore a causa della perdita del suo amato figlio Giuseppe, fino a quando non lo rivide in Egitto.

Malgrado il fatto che tutti abbiano sicuramente consolato Giacobbe nella sua grande sofferenza, il suo pessimismo è ancora oggi per noi un monito sulle ferite che ingiustificatamente restano aperte. La persecuzione è ingannevole, e dobbiamo stare attenti che non ci inganni fino a perdere ogni speranza "rifiutando di essere consolati." Giacobbe avrebbe dovuto invece notare che le prove della morte di Giuseppe erano sospette, perché la tunica (le prove) non era stata strappata. Sarebbe stato impossibile per un animale sbranare il figlio e bagnare la tunica nel sangue, senza strapparla. Gli uomini di ogni epoca hanno fatto ricorso all’inganno per allontanare la gente dalla fede nella rivelazione divina (come il futuro di Giuseppe è visto nei sogni). Le loro testimonianze, come le testimonianze dell’evoluzione, sono però sospette, come la tunica di Giuseppe. Giuseppe non era morto, neanche Dio lo è, ma molti, come Giacobbe, hanno lasciato che Satana li ingannasse dalla loro fede con delle prove fasulle. Non essere pronto a credere nel discorso intelligente dell’apostata, dell’incredulo e dello scettico. Le loro labbra sono piene di bugie, e le loro testimonianze non superano un esame approfondito.

I fratelli di Giuseppe hanno sofferto. I persecutori non sono sfuggiti al loro proprio male. Giuseppe ha sofferto anni di crudeltà, Il padre di Giuseppe ha sofferto anni di dolore, ma anche i fratelli di Giuseppe hanno sofferto. Hanno subito per anni i sensi di colpa, essa pesava come un terribile fardello. Anche 20 anni dopo l’accaduto, non potevano scuotersi del terribile senso di colpa, perché quando erano nei guai in Egitto "si dicevano l’uno all’altro: Sì, noi fummo colpevoli verso il nostro fratello, giacché vedemmo l’angoscia dell’anima sua quando egli ci supplicava, e noi non gli demmo ascolto! Ecco perché ci viene addosso quest’angoscia" Ge 42:21. La colpa è un tiranno terribile. Spinge gli uomini alla pazzia, provoca il suicidio, e si prende tutto la gioia dalla vita. Non vi è alcun guadagno nel male che possa compensare il peso della colpa che si prova a causa del proprio male. Anche dopo che i fratelli di Giuseppe hanno fatto pace con lui e sono stati perdonati, hanno ancora dovuto combattere il problema della colpa ancora per anni. Questo è dimostrato dopo che Giacobbe è morto, perché essi hanno inviato un messaggero a Giuseppe a chiedere di nuovo perdono Ge 50:15-17. Quanto soffrono i persecutori! Quanto soffrono i peccatori! Oh, che tutti noi possiamo meditare di più su questa verità quando siamo tentati a peccare.
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Re: Giuseppe 27/06/2012 12:37 #4091

Giuseppe lo Schiavo

Ge 39:1-12

La POSIZIONE DI GIUSEPPE è molto cambiata in Genesi 39. È passata da figlio prediletto a un compagno di schiavitù. Invece di indossare la veste di un sorvegliante, ha indossato quella di un umile servo. La sua posizione è cambiata, anche, perché in Genesi 39 inizia il suo soggiorno in Egitto che durerà tutto il resto della sua vita. Solo una volta ritornerà a Canaan, per seppellire suo padre. Ma questo non è avvenuto fino a quando Giuseppe è rimasto in Egitto per 39 anni.

Il nostro studio in corso in Genesi 39 riprende da dove lo abbiamo lasciato al capitolo 37. Tra questi due capitoli spicca, infatti, il 38 che apparentemente, sembra fuori posto dal momento che pare non avere nulla a che fare con Giuseppe. Pur sembrando, però un’interruzione inutile, la verità della questione è che si trova esattamente dove dovrebbe stare per due buone ragioni.

In primo luogo, perché dimostra il comportamento dei due Adamo. Il primo Adamo ha fallito nella tentazione Genesi 3, ma il secondo, Cristo, no Matteo 4 e Luca 4. In Genesi 38, Giuda ha ceduto alla tentazione di adulterio, ma in Genesi 39, Giuseppe l’ha respinta.

In secondo luogo, il capitolo 38 si trova nel suo posto giusto perché insegna alcune importanti lezioni sulla dispensazione della grazia. Genesi 38 rappresenta (attraverso Giuda) la storia della nazione ebraica durante il tempo di Cristo (visto in Giuseppe), ed è principalmente il ministero per i pagani. Si tratta di una prefigurazione precisa della storia. Gli ebrei sono visti come persone molto malvagie in Genesi 38 (Er e Onan lo dimostrano). Nella loro malignità, che continuamente respinge Cristo (visto il rifiuto di Onan di avere un figlio tramite Tamar, bambino che sarebbe stato nella linea genealogica di Cristo). La loro cattiveria ha provocato un grande giudizio da parte di Dio (Er e Onan sono stati uccisi da Dio stesso). Tuttavia, resta un residuo (in Scela), per cui gli ebrei non sarebbero stati distrutti (anche se sembrava che le campagne antiebree nel corso degli anni sarebbero riuscite nel proposito). Genesi 38 si conclude allo stesso modo in cui la storia ebraica si concluderà: nel travaglio (come quello del parto di Tamar). Il periodo della tribolazione è il grande travaglio degli ebrei, e terminerà la storia ebraica senza Cristo. Così questo capitolo si trova esattamente dove dovrebbe stare. Giuseppe (una figura di Cristo) è stato respinto dai suoi fratelli (un simbolo della nazione ebraica) in Genesi 37. Nella storia ebraica quindi, Genesi 38 segue proprio Genesi 37. La Parola di Dio è veramente un libro meraviglioso, ed è ordinato in un modo ancora più straordinario.

In Genesi 39 la storia di Giuseppe riprende, e quello che accade a lui attraverso i prossimi capitoli è contemporaneo a ciò che è narrato al capitolo 38. In questo studio di Giuseppe come schiavo, si prenderà in considerazione la provvidenza delle circostanze di Giuseppe Ge 39:1,2, il rendimento del dovere di Giuseppe #Ge 39:2-6, e il proposito della tentatrice di Giuseppe
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Re: Giuseppe 27/06/2012 12:37 #4092

La Provvidenza nelle Circostanze di Giuseppe

Arrivando in Egitto, Giuseppe è stato venduto sul mercato degli schiavi dagli Ismaeliti che l’avevano acquistato dai suoi fratelli malvagi. Nessun compratore di schiavi ha mai fatto un affare migliore! Ma più indicativo rispetto al prezzo dello schiavo è stata la provvidenza del Sovrano. Nella storia di Giuseppe, la provvidenza di Dio è molto evidente. Si può osservare bene nel nostro attuale studio nella figura del proprietario e nel lavoro stesso di Giuseppe. Il suo padrone gli ha dato una posizione che ha contribuito a sviluppare la sua capacità nel servizio futuro; il lavoro gli ha invece fornito l’umiltà che ha contribuito a sviluppare il suo carattere per la sua futura opera.
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Re: Giuseppe 27/06/2012 12:38 #4093

Il Padrone

Potifar, un alto funzionario del governo egiziano, ha acquistato Giuseppe come schiavo. Potifar era "ufficiale di Faraone, capitano delle guardie" Ge 39:1. Il suo compito era di controllare la protezione del re d’Egitto e anche di punire chi subiva lo sfavore del re. Pertanto, chiunque lavorava per Potifar, sarebbe stato in una posizione in cui avrebbe prontamente preso coscienza dei pro e i contro del governo egiziano. Quanto essenziale questa conoscenza sarebbe stata per Giuseppe che stava andando a servire nelle alte cariche di governo! Dio ha formato in modo accurato Giuseppe per il lavoro futuro. E anche se le circostanze in schiavitù sembravano così negative per lui, esse sono state guidate meravigliosamente dalla divina provvidenza a favore di Giuseppe. Quando più tardi è stato promosso a un’alta posizione nel governo egiziano, si è subito comportato con grande efficienza e lo ha fatto sin dall’inizio. Questo non è stato un caso. La Provvidenza divina ha quindi provveduto un luogo in cui le capacità di Giuseppe nel servire sono state debitamente sviluppate negli anni delle molteplici avversità.

Questo dovrebbe incoraggiare chi in questo momento soffre i disagi e la miseria a causa delle incontrollabili circostanze. Non dovrebbero sprecare la loro vita lamentandosi dei loro "periodi neri," né dovrebbero reagire così stupidamente alle loro situazioni sfavorevoli, gridando magari vendetta contro chi, per la loro cattiva condotta, possono essere stati i responsabili di alcune di queste condizioni avverse. Lasciate che gli afflitti guardino la loro situazione come una scuola dove la Provvidenza divina ha previsto ogni cosa per il loro bene. Sì, è una scuola difficile, ma lasciate che gli afflitti siano dei buoni studenti. I laureati ottengono sempre delle buone posizioni. La storia di Giuseppe e il versetto di Ro 8:28 garantiscono questo fatto.
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Re: Giuseppe 27/06/2012 12:39 #4094

Il Lavoro

Come abbiamo già notato il lavoro di Giuseppe era l’essere uno schiavo. Quanto umiliante è stato per lui cadere dalla posizione della "veste dai molti colori" ad una di umile servo. La provvidenza di Dio è stata però interessata da questa umiltà, perché Dio non soltanto sviluppa le capacità di Giuseppe, ma anche il suo carattere per il suo lavoro futuro.

Il carattere è vitale per il servizio, ancor più rispetto alla capacità. Dio fa di tutto per sviluppare il carattere in coloro che Egli assegnerà ad alte posizioni, e poche cose contribuiscono a sviluppare il carattere quanto l’umiltà. La Scrittura ci dice ripetutamente; come in Pr 15:33 "l’umiltà precede la gloria" che prima di onorare, Dio umilia. Quest’umiliazione non è necessariamente una riflessione sul passato di una persona, ma è più un requisito per il futuro. Le posizioni elevate sono piene di pericoli, e uno dei migliori antidoti per questo rischio sono le grandi dosi di umiltà in anticipo. Giuseppe stava per essere promosso a una posizione molto elevata nel governo, e Dio lo stava preparando per questo, non solo nella capacità di servire ma soprattutto nel carattere. Così la Provvidenza divina pone Giuseppe in una posizione molto umile al fine di sviluppare il carattere nobile necessario allo scopo.

Come nella lezione sulla capacità, così questo insegnamento sul carattere dovrebbe essere di grande incoraggiamento per chi vive e serve in situazioni molto umili. Se un uomo del calibro e del carattere di Giuseppe si è formato attraverso esperienze di umiltà, allora di certo non dobbiamo aspettarci di essere esentati da tale formazione. E non dovremmo inoltre permettere a una posizione umile, in cui siamo costretti, di scoraggiarci facendoci arrendere e abbandonare. Possiamo sentire, nella nostra umiltà, che nessuno sa dove siamo e cosa siamo, e, di conseguenza, non avremo mai la possibilità di migliorare la nostra posizione. Le cose non stanno per niente così. Nell’essere uno schiavo, Giuseppe era quasi al livello più basso in cui si può arrivare. Ma Dio sapeva dove si trovava, ed era tutto ciò che davvero contava, perché quando venne il momento di Giuseppe, Dio aveva disposto tutte le circostanze in modo che lui fosse "notato" da parte dalle persone giuste. Quindi, non lasciare che la bassezza del tuo lavoro o della tua stima da parte del mondo scoraggi il tuo spirito. Lascia che ciò formi e prepari il tuo carattere per un lavoro migliore che ti sta attendendo. Giuseppe l’ha fatto, e noi faremmo bene a imitarlo.

Questa formazione di Giuseppe attraverso l’umiltà dimostra che Dio può abbassare la posizione e diminuire i possessi dell’uomo al fine di rafforzare il suo carattere. Tutto ciò smentisce sicuramente la filosofia dei nostri giorni in cui si raccomanda il miglioramento del contesto ambientale per sviluppare il carattere. È spesso la filosofia che sta dietro al rinnovamento urbano e al benessere. È il pensiero che dice: dai a un uomo dei vestiti migliori, più soldi, una posizione più alta, e sarà sicuramente un uomo migliore. Questa è, però una filosofia falsa, perché tutto quello che ha prodotto, è fare indossare a dei malfamati sobborghi dei vestiti nuovi. Hanno raffinato il male invece di sopprimerlo. L’uomo ha bisogno di una nuova nascita più che di una nuova crescita. Non è sbagliato in sé il miglioramento dell’ambiente, ma ciò non può formare la personalità.

La Provvidenza divina, anche se a volte molto dolorosa, è stata molto redditizia per Giuseppe. Ha sviluppato in lui la capacità e il carattere per il servizio. Come risultato, egli era ben attrezzato per la posizione di responsabilità, quando essa divenne il suo dovere alcuni anni dopo.
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Re: Giuseppe 27/06/2012 12:39 #4095

Il Rendimento del Dovere di Giuseppe

Il modo in cui Giuseppe ha eseguito il suo dovere come uno schiavo è molto apprezzabile. La sua condotta è stata irreprensibile, e dà a tutti noi una lezione su come comportarci sul posto di lavoro e di come esso può portare benefici a noi stessi e a tutti gli interessati, quando agiamo correttamente.

Notiamo la saggezza, il benessere, la testimonianza, e il valore di Giuseppe nel suo rendimento del dovere come uno schiavo.
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Re: Giuseppe 27/06/2012 12:40 #4096

La Saggezza di Giuseppe

Quando Potifar ha portato a casa Giuseppe e l’ha messo al lavoro, egli "attendeva al servizio personale di Potifar" Ge 39:4. Giuseppe non era pigro e non ha avuto risentimenti per il tipo di lavoro affidatogli. Piuttosto, ha lavorato assiduamente per il suo nuovo padrone. Il fatto che era uno schiavo, che era malamente trattato, e che avrebbe dovuto essere un principe invece di un povero, non ha limitato il suo lavoro. Egli ha lavorato instancabilmente, indipendentemente dal compito o dai tempi, malgrado non sia stato trattato in modo cordiale. La prova che ha lavorato bene si vede nel fatto che è stato elevato a "maggiordomo" (ibid.) della casa di Potifar. La promozione non dice solamente che Giuseppe ha lavorato bene, ma che l’ha fatto meglio di tutti gli altri schiavi.

La reazione di Giuseppe alla sua avversità è stata molto saggia. La risposta di solito, quando le circostanze diventano aspre, è quella di agire stupidamente e fare come ha suggerito la moglie di Giobbe, "Maledici Dio, e muori!" Gb 2:9; (Versione Nuova Diodati). Se le avversità sono una malattia, delle perdite finanziarie, dei maltrattamenti, o niente di più che colpirsi un dito con un martello, la risposta normale è quella di riempire la bocca di parolacce ("Maledici Dio"), diventare pessimisti e arrendersi ("muori"). Giuseppe saggiamente non ha fatto nessuna di queste cose, ha invece servito con eccellenza. Ha fatto il suo dovere diligentemente.

Uno dei migliori farmaci nelle avversità è di compiere energicamente i nostri doveri. Ciò può migliorare la nostra situazione e ridurre la nostra avversione. Abbiamo, infatti, notato prima che Potifar l’ha promosso sorvegliante della sua casa per questo suo dovere. Molte persone, tuttavia, non s’impegnano nei loro compiti, quando arrivano i guai. Alcuni imprudentemente si danno al bere sperando di affogare i loro problemi, dandogli solo una bella annaffiata. Altri usano pillole o s’imbronciano, ma tutto questo, come il bere, aumenta i problemi anziché risolverli. Se vuoi essere un vincitore, invece di una vittima delle circostanze avverse, l’unica cosa saggia è quella di fare diligentemente il tuo dovere.

La nostra reazione alle avversità determinerà se i nostri problemi ci maledicono o ci benedicono. Se affrontiamo i nostri problemi e le prove con una lingua che si lamenta, uno spirito aspro, o delle crisi di pianto isterico, saremo sconfitti. Se affrontiamo la nostra avversità come Giuseppe, non avremo nulla da perdere ma tutto da guadagnare. Spesso non è la nostra difficoltà, che ci annulla, ma è la nostra imprudente reazione alle difficoltà che ci rovina.
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Re: Giuseppe 27/06/2012 12:41 #4097

Il Benessere di Giuseppe

"E l’Eterno fu con Giuseppe, il quale prosperava" Ge 39:2. Giuseppe ha fatto particolarmente bene nel suo servizio per Potifar. Il benessere di Giuseppe nel suo dovere come schiavo è stato notevolmente rafforzato da due benedizioni vitali da parte di Dio: la sua presenza e la sua prosperità.

La presenza di Dio. Arrivando in Egitto, Giuseppe aveva perso molto di ciò che l’uomo valuta importante. Aveva perso la posizione, i beni, gli amici e le comodità materiali. Non aveva però perso la presenza di Dio. Essa non dipende dalle tappe della vita, ma dallo stato della propria anima.

La chiave per avere la presenza di Dio è di accoglierlo! Il fatto che Giuseppe abbia sperimentato tale presenza rivela quindi la condizione del suo cuore. Egli l’ha voluto! Pochi però sono come lui. Molti nella nostra società sembrano volere il contrario. Non vogliono Dio nei libri di testo, nelle funzioni di governo e in qualsiasi altra cosa. Egli non adempirà i desideri di queste persone, essi avranno invece delle grandi perdite.

Niente è tanto prezioso quanto la presenza di Dio. Mosè l’ha considerata tanto che disse a Dio: "Se la tua presenza non viene con me, non farci partire di qui" Eso 33:15. Che uomo saggio! Se oggi i santi valutassero la sua presenza in questo modo, non andrebbero nei luoghi che frequentano e non soffrirebbero per le perdite che ne hanno.

La presenza di Dio può fare di una prigione un palazzo. D’altra parte, la sua assenza può fare di una reggia un carcere. Ogni amante sa che la presenza della persona amata può rendere una giornata grigia, deliziosa, ma la sua assenza, la bellezza noiosa. La presenza di Dio ha reso la sua situazione di schiavitù di Giuseppe migliore rispetto a quella dei suoi fratelli in libertà. E "chi non vorrebbe, dopo di tutto, scegliere di essere Giuseppe in Egitto con Dio, piuttosto che i fratelli con una veste insanguinata in mano e un senso di colpa nelle loro anime?" (F. B. Meyer).

La prosperità di Dio. Quando leggiamo delle circostanze terribili di Giuseppe, è difficile per noi pensare a lui come una persona che prosperava. Eppure, si legge nella Scrittura che questa era la sua condizione, malgrado fosse uno schiavo umile Ge 39:2. Joseph Parker ha detto: "Guardando in profondità a questo caso, si direbbe che non è per nulla corretto affermare che Giuseppe era un uomo prospero, quando era a tutti gli effetti in schiavitù, quando era di proprietà di un altro, quando non un’ora di tempo apparteneva a se stesso, quando era stato tagliato fuori dal padre e dai suoi fratelli. Tuttavia, è chiaramente affermato che, nonostante queste cose, il Signore era con lui e che prosperava".

Ovviamente, Dio vede la prosperità in modo molto diverso da noi. Noi la definiamo in termini di denaro, auto nuove, case nuove, un buon lavoro, il prestigio e la posizione. Non così Dio. Egli considera la prosperità dal punto di vista spirituale. L’affermazione "E l’Eterno fu con Giuseppe, il quale prosperava" #Ge 39:2 comunica con forza che la prosperità non è necessariamente connessa ai propri beni materiali e posizione. Ciò che impariamo dalla sua esperienza è che la prosperità vera è quando Dio è con te e ti aiuta a fare il tuo dovere in modo eccellente. Il tuo dovere può essere molto umile ma Egli sa ancora dare una svolta al tuo lavoro. Dio ha aiutato Giuseppe in tanti modi nel suo incarico di schiavo, infatti la Scrittura dice: "L’Eterno gli faceva prosperare nelle mani tutto quello che intraprendeva" Ge 39:3.

Abbiamo molto da imparare sulla prosperità. Vi è l’abbondanza di Giuseppe in cui i poveri sono ricchi, ma vi è anche "la prosperità degli empi" Sl 73:3, in cui i ricchi sono poveri. La chiesa di Laodicea pensava di essere prospera perché aveva molto in termini di beni materiali. Essa diceva: "Io sono ricco" Ap 3:17. Dio però gli rispose che i sui credenti erano "poveri" (Ibid.). D’altra parte, la chiesa di Smirne sembrava davvero desolata rispetto alla chiesa di Laodicea. Essi stavano vivendo in "povertà" Ap 2:9, ma Dio ha detto: "Sei ricco" (Ibid.). Si può, come Giuseppe, essere in uno stato di schiavitù e ancora prosperare nel fare il proprio dovere, mentre altri, come i fratelli di Giuseppe, possono essere apparentemente liberi, fare molti soldi, avere molto in beni terreni e tuttavia non essere fiorenti nel fare il proprio dovere.
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Re: Giuseppe 27/06/2012 12:42 #4098

La Testimonianza di Giuseppe

Giuseppe, anche se uno schiavo, ha avuto una testimonianza eccellente per il Signore dinanzi a Potifar: "E il suo signore vide che l’Eterno era con lui, e che l’Eterno gli faceva prosperare nelle mani tutto quello che intraprendeva." Ge 39:3. Quest’affermazione, non solo, indica che Giuseppe era un eccellente esempio per Potifar, ma che tale caratteristica aveva molto a che fare con il modo in cui egli faceva il suo lavoro. Abbiamo notato in precedenza che Giuseppe ha lavorato così bene che è stato promosso maggiordomo della casa di Potifar. Qui notiamo che il suo eccellente lavoro ha fatto in modo che il suo padrone potesse vedere il Signore in tutto ciò.

Se vogliamo essere una buona testimonianza per Dio, se vogliamo fornire prova della sua compagnia e che ci aiuta, non possiamo essere pigri nello svolgimento del nostro dovere. Dio può essere con noi e vuole aiutarci, ma se siamo poveri custodi della sua presenza e potenza, non "prospereremo" sul posto di lavoro, non faremo bene e, di conseguenza, non saremo dei buoni testimoni. Se Giuseppe avesse reagito male alla sua prova, avesse adottato uno spirito lamentoso, e avesse fatto il suo lavoro a malincuore, non avrebbe prosperato e non avrebbe avuto una buona testimonianza. Egli avrebbe potuto parlare a Potifar di Dio e della sua fede in Lui, ma questi non ne sarebbe stato colpito, perché "la fede senza le opere non ha valore" Gm 2:20 in una situazione del genere.

La testimonianza di Giuseppe è sia un rimprovero sia un incoraggiamento ai santi. È un rimprovero per quelli che pretendono di essere cristiani, ma che sul lavoro non lo dimostrano nel loro rendimento. Fanno quel tanto che basta per andare avanti, lavorano solo quando il capo è in giro a controllare, si riposano in ogni occasione possibile, fanno abitualmente delle lunghe pause-caffè oltre il loro tempo previsto, si lamentano continuamente, sono spesso in ritardo al lavoro (ma non sono mai in ritardo per smettere di fumare), e sembrano più interessati alla retribuzione che al rendimento. La gente può frequentare la migliore delle chiese, distribuire opuscoli a tutti i loro compagni di lavoro, invitare gli altri in chiesa, possono portarsi una Bibbia nel cesto del pranzo, e tuttavia non avere alcuna testimonianza. Se i santi vogliono una testimonianza onorevole per Dio, mettano della qualità nel proprio lavoro, siano coscienziosi, abbiano uno spirito allegro e amabile, siano senza lamenti per le ore di straordinario e per il dovere, anche se può essere iniquo o ingiusto, e siano grati per la loro retribuzione, anche se dovrebbe e potrebbe essere migliore. Questi scopriranno che la loro testimonianza sarà molto visibile, anche se non distribuiscono opuscoli, portano una Bibbia nel loro cesto del pranzo, invitano continuamente gli altri in chiesa, e parlano con i loro compagni di lavoro della salvezza. Le abitudini di lavoro dicono molto, esse possono essere una testimonianza molto forte per il Signore.

La testimonianza di Giuseppe è un incoraggiamento a chi pensa che gli manchino le opportunità e la capacità di testimoniare perché i suoi doveri quotidiani sono umili. Pensano che debbano essere famosi, importanti o avere una posizione di prestigio per testimoniare efficacemente di Cristo. Quest’atteggiamento abbonda nelle chiese di oggi. Le celebrità del mondo imprenditoriale, dello sport e della politica sono sfilate in tutti i pulpiti delle nostre chiese per dire una buona parola per Dio. Questa farsa del cristianesimo riempie solamente i poveri, i senza talenti, e gli scalda-banchi, di sgomento. Come possono testimoniare di Cristo, quando essi non sono nessuno spiritualmente? Giuseppe risponde a questa domanda. Siate fedeli ai vostri doveri, per quanto umili possiate essere. Sono i doveri comuni della vita e non quelli spettacolari che rivelano davvero la tua fede. Chiunque può proclamare la propria fedeltà al Signore dietro il leggio sul pulpito, ma essere fedele al Signore in una situazione umile quando nessuno ti vede, è un’altra cosa. Il modo in cui un contadino munge le sue mucche, può dire di più sulla sua fede che il suo forte gridare "amen" in tutti i sermoni del pastore. Non hai bisogno di indossare una tunica, o portare una grande Bibbia, o di ricoprire l’auto con adesivi per testimoniare la tua fede. Se sei un cristiano, se Dio è con te come dici, si dimostrerà bene dal tuo modo di compiere i tuoi doveri nel normale svolgimento della tua vita. In effetti, se ciò non si manifesta, la tua professione di fede è sospetta, e la tua testimonianza è solamente ipocrita.
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Re: Giuseppe 27/06/2012 12:43 #4099

Il Valore di Giuseppe

"L’Eterno benedisse la casa dell’Egiziano, per amor di Giuseppe" Ge 39:5. La chiave per il benessere della casa di Potifar era la presenza del devoto Giuseppe. La presenza del popolo santo fa lo stesso per ogni società o nazione. I santi sono un vantaggio migliore di qualsiasi altra risorsa naturale per qualsiasi nazione. Una buona difesa militare è legittima per un paese, ma la sua migliore tutela viene dall’avere dei cittadini devoti.

Il valore del giusto è stato chiaramente dimostrato nel caso di Sodoma. Apprendiamo dalla preghiera di Abramo per quella città che Dio non l’avrebbe distrutta, se si fossero trovate in essa dieci persone giuste Ge 18:32. Solo dieci. Sorprendente! Normalmente non pensiamo che un tale numero avrebbe risparmiato una città, ma il fatto che questo sia possibile, dichiara il grande valore del popolo santo. E ci chiarisce che il motivo per cui la sentenza non è arrivata su molti posti in questo mondo è la presenza dei devoti. Il mondo, naturalmente, deriderà e disprezzerà questa verità, ma ciò la convalida. Potresti sentire di essere niente di speciale, ma se sei un credente devoto, ciò può essere molto importante per tenere lontano dalla tua società il giudizio e per assicurare la benedizione di Dio su di essa. Che grande favore sono i santi per ogni società. Solo l’eternità rivelerà la pienezza di questa verità.

Potifar ha perso la benedizione divina, quando non è riuscito poi a sostenere il giusto. Egli ha permesso alla moglie di maltrattare il devoto Giuseppe, rimovendolo quindi dalla sua casa. Quando le persone non riescono ad appoggiare i santi, la benedizione viene da loro rimossa. Le nazioni, le comunità, le scuole e le chiese non possono favorire le persone come la moglie di Potifar contro i credenti, o sperimenteranno delle gravi perdite.
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