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ARGOMENTO: Gerusalemme 2

Gerusalemme 2 05/04/2012 15:29 #1559

GERUSALEMME

AL TEMPO DI GESU’ (2)


Sicuramente la costruzione che, al tempo di Gesù, si imponeva su tutte le altre all’interno delle mura di Gerusalemme era il Tempio di Erode. Certamente non era la sua struttura architettonica che pur si elevava al di sopra di tutta la città ad attirare le persone, ma il suo valore religioso: infatti il Tempio era il centro della vita “spirituale” del popolo e la mèta di visite e pellegrinaggi.

Il Tempio di Erode
È difficile per un visitatore farsi oggi un’idea di come poteva essere il famoso Tempio, dal momento che può vedere soltanto qualche residuo delle mura erodiane, mentre la sua attenzione viene catturata dall’imponenza delle strutture islamiche, che sovrastano ogni altra prospettiva.
Bisogna pertanto rifarsi alle descrizioni antiche, e alla luce di esse analizzare poi con pazienza i risultati delle scoperte archeologiche.
Lo storico Flavio Giuseppe è ancora una volta la nostra principale fonte d’informazioni. Da lui apprendiamo che la costruzione del complesso del Tempio di Gerusalemme era considerata una delle più grandi imprese edilizie nell’ambito dell’Impero romano.
Erode non solo aveva progettato di restaurare il vecchio Tempio (costruito all’epoca del ritorno dall’esilio), ma aveva deciso di allargarne le strutture costruendovi attorno tutta una serie di recinti concentrici.
Però, per allestire l’enorme piattaforma sulla quale avrebbe dovuto sorgere il complesso, Erode fu costretto a edificare un muraglione ad archivolti tutt’intorno al colle, e a riempire poi lo spazio con macerie, fino ad ottenere un terrapieno. In alcuni punti il muraglione raggiunse l’altezza di 50 metri rispetto al piano della roccia. (Le dimensioni dell’attuale spianata, misurate partendo da nord in senso orario, misurano rispettivamente 321, 474, 283 e 490 metri).
Fu anche necessario deviare i corsi d’acqua che scorrevano ad ovest del colle nella Valle del Tyropeon e a nord nella zona della Bezetha.

Atrii, portici e porte
Sappiamo che il grande piazzale era suddiviso in due cortili, contenuti uno nell’altro.
Il più esterno era l’Atrio dei Gentili (così chiamato perché vi avevano accesso anche i non Giudei), che era circondato da ampi porticati su tutti e quattro i lati.
Il portico a sud era chiamato Portico Reale; era a quattro ordini di colonne, e non è da escludere che fosse il luogo usato dai mercanti e dai cambiavalute (vi si sarebbe quindi svolto l’episodio della Cacciata dei Mercanti dal Tempio). Sui lati est, nord e ovest i porticati erano a due ordini di colonne.
Quello ad est era stato chiamato Portico di Salomone. Il Vangelo di Giovanni dice che vi aveva passeggiato Gesù in un rigido giorno d’inverno, durante la festa della Dedicazione, forse per cercarvi un timido raggio di sole (Gv 10:22,23).
Era un luogo abituale di radunamento, ricordato altre due volte nel libro degli Atti (3:11; 5:12).
Al grande recinto porticato si poteva accedere attraverso otto porte.
Le due a sud (una doppia e l’altra tripla) erano chiamate “Porte di Hulda” (dal nome di una antica profetessa, 2Re 22:12-20), e portavano all’Atrio dei Gentili attraverso passaggi coperti ed in pendio, situati sotto il Portico Reale. (Di queste porte sono rimasti alcuni stipiti, incorporati nel muro di fortificazione costruito da Solimano il Magnifico nel XVI secolo).
Ad est, in direzione del Cedron e del Monte degli Ulivi, c’era poi la Porta di Susa, sul luogo dove oggi si apre la Porta d’Oro. Sulla facciata nord, dalla parte della Bezetha, c’era poi la Porta di Tadi.
Quattro porte si aprivano ad ovest.
Ne conosciamo il nome antico soltanto per una: è la Porta di Coponio, così chiamata dal nome del primo governatore romano, che si era guadagnato la gratitudine dei Giudei.
Molti ritengono che si tratti della porta in corrispondenza dell’Arco di Wilson, di cui parleremo fra poco.

La zona santa
A causa del divieto di scavare nell’area del Tempio, è stato possibile condurre ricerche archeologiche quasi esclusivamente all’esterno della facciata ovest del terrapieno (è il luogo dove si trova il muraglione noto come Muro del Pianto, o Muro Occidentale). Prima di parlarne in dettaglio, diamo ancora uno sguardo alla struttura del Tempio propriamente detto.
In effetti non ne è rimasta in piedi neanche una pietra, dopo le distruzioni operate dai Romani nell’anno 70 (è, questo, un impressionante adempimento della profezia di Gesù riportata in Mc 13:2 e in Lu 19:43-44). Pertanto, agli studiosi sono rimaste soltanto le descrizioni di Flavio Giuseppe e della Mishnah, che talvolta però discordano tra loro nelle misure.
All’interno dell’Atrio dei Gentili, che era talvolta usato abusivamente come luogo di passaggio (era stato trasformato cioè in una via di circolazione profana, che suscitò anche l’indignazione di Gesù, quando “proibì che si portassero oggetti attraverso il Tempio”, Mc 11:16), si trovava dunque un Recinto rettangolare, un po’ spostato verso nord, al quale potevano accedere soltanto gli Ebrei.
Chiunque altro vi si fosse introdotto sarebbe stato punito con la morte, e allo scopo di scoraggiare tale iniziativa erano state poste tutt’intorno delle minacciose iscrizioni in latino e greco, del cui ritrovamento parleremo fra poco.
Così delimitata, la zona santa presentava al suo interno degli scomparti distinti, destinati rispettivamente – da est a ovest – alle donne (Cortile delle Donne), agli uomini (Cortile d’Israele) e ai Sacerdoti. Al Cortile delle donne si accedeva salendo una gradinata e passando per una porta imponente, in cui molti ravviserebbero la “Porta Bella” (ricordata in Atti 3:2, dove avvenne la guarigione dello zoppo da parte di Pietro).
Nel Cortile delle Donne c’erano, secondo la Mishnah, delle camerette senza tetto, una delle quali conteneva le cassette delle offerte. Qui dunque Gesù osservò la povera vedova mentre vi depositava le sue ultime monete (Mc 12:41-44).
Il Cortile d’Israele (o degli Uomini) era a sua volta rialzato, e vi si poteva entrare sia passando attraverso quello delle Donne, sia direttamente attraverso altre sei porte, accessibili dopo aver varcato il Recinto e salito la gradinata principale.
Gli uomini normalmente non potevano avere accesso al Cortile dei Sacerdoti, dove si trovavano l’altare dei sacrifici e il grosso bacile con l’acqua per le purificazioni. Nel giorno della Festa dei Tabernacoli o delle Capanne quel limite poteva essere varcato in via eccezionale e gli uomini potevano fare sette volte il giro dell’altare, che il Sommo Sacerdote aspergeva con acqua prelevata in un recipiente d’oro dalla piscina di Siloe. Fu in una di queste rare occasioni che Gesù pronunciò la frase: “Chi crede in me fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno” (Giovanni 7:38).
Esclusivamente i Sacerdoti poi, varcato il loro Cortile, potevano accedere all’edificio del Tempio vero e proprio.
Questo comprendeva il Luogo Santo e il Luogo Santissimo (o Santo dei Santi) , secondo lo schema architettonico del Tempio di Salomone, a cui Erode aveva aggiunto un Portico, forse ad imitazione di edifici religiosi ellenistici.
Sappiamo che nel Luogo Santo si trovavano l’altare dei profumi, la tavola dei pani e il candelabro a sette bracci.
Il Luogo Santissimo, separato dal Luogo Santo da una doppia tenda (“la cortina del Tempio” che si squarciò da cima a fondo al momento della morte di Gesù, Mc 15:38), sembra invece che fosse completamente vuoto.
Si racconta che, quando Pompeo nel 63 a.C. penetrò nel Tempio di Gerusalemme, esclamò meravigliato: “Ma qui non c’è nessun dio!”.Opinione diffusa è che l’Arca del Patto non abbia fatto più ritorno a Gerusalemme dopo l’esilio babilonese.
Esternamente, l’edificio si presentava con grande magnificenza, tutto costruito in pietra candida e arricchito con placche d’oro. Per impedire che gli uccelli ne insudiciassero il tetto, Erode lo aveva fatto punteggiare di guglie, anch’esse dorate. Si comprende quindi l’ammirazione che ne ebbero i Giudei i quali, quando intendevano contrarre un impegno veramente solenne, usavano giurare per l’oro del Tempio, non trovando niente di più grande a cui riferirsi (Mt 23:16).
Dopo tutte queste descrizioni, basate soltanto su testimonianze letterarie, possiamo finalmente parlare dei risultati degli scavi. Come abbiamo già detto, essi hanno dovuto limitarsi all’esterno della spianata.

Le ricerche archeologiche
Uno dei primi archeologi che si cimentò con questo tipo di ricerche fu l’americano Edward Robinson, il quale scoprì nel secolo scorso le vestigia dell’arco nel settore sud del muro occidentale, che ancora oggi porta il suo nome. Egli lo interpretò come il residuo di un ponte che doveva collegare la spianata con la collina occidentale. Questa interpretazione, come presto diremo, fu poi modificata alla luce di altri recenti scavi.
Vanno pure attentamente considerati i lavori di Sir Charles Warren. Questo studioso inglese, negli anni 1867-1870, a causa delle restrizioni postegli dalle autorità turche (all’epoca la Palestina faceva parte dell’Impero Ottomano), fu costretto anche lui a fare sondaggi soltanto al di fuori della spianata.
Egli prese a scavare pozzi lungo tutto il perimetro del Colle del Tempio, fino ad arrivare alla viva roccia, determinando così in più punti l’entità del riempimento operato da Erode. Egli dissotterrò e studiò anche la Porta di Barclay, una delle quattro porte che davano accesso all’Atrio dei Gentili dal lato occidentale, la quale era stata scoperta alcuni anni prima, e il cui architrave è oggi visibile quando si entra sulla spianata attraverso la Porta di Moghrabi (che invece fa parte della cinta di epoca medievale).

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Gli scavi del professor B. Mazar hanno rivelato anche le fondamenta del muro sud della spianata del Tempio ed una strada di epoca erodiana. Al suolo, blocchi caduti all’epoca della distruzione da parte dei Romani.
Riprendiamo ora il discorso sull’Arco di Robinson. Come abbiamo detto prima, esso era stato interpretato come elemento di un ponte o viadotto che collegava la spianata del Tempio con la collina occidentale. In seguito però fu scoperto, sempre sul muro occidentale, un po’ più a nord, anche l’Arco di Wilson (i nomi sono quelli degli scopritori), e allora si pose il problema se le strade sopraelevate che collegavano il Monte del Tempio con la collina occidentale erano una o due. Successive ricerche hanno mostrato che effettivamente era soltanto l’Arco di Wilson a sostenere una strada che scavalcava la Valle del Tyropeon verso occidente.
L’altro arco, quello di Robinson, si è invece rivelato essere il supporto di una scala che, partendo dal Portico Reale, scendeva a ovest del Monte del Tempio fino a una terrazza, dalla quale una seconda scala ad angolo retto portava ad una strada sottostante. Sembra dunque definitivamente dimostrato che una sola strada collegava la spianata del Tempio con la Città Alta sulla collina occidentale.
Queste convinzioni derivano dagli scavi del prof. B. Mazar dell’Università Ebraica di Gerusalemme, che cominciarono nel febbraio 1968. Come è noto, a seguito della “Guerra dei Sei Giorni” del 1967, la “Città Vecchia” di Gerusalemme entrò a far parte dello Stato di Israele, e questo favorì la ripresa delle attività archeologiche, che sono tutt’ora in corso.

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Due reperti eccezionali
Nel 1871 il francese Clermont-Ganneau trovò a nord del sito del Tempio una lastra di pietra (conservata oggi nel Museo di Istanbul), con sette linee di scrittura in lingua greca (una sua riproduzione è conservata a Roma presso il Museo della Civiltà Romana).
Un frammento, trovato nel 1935 sulle pendici orientali del Monte del Tempio, conteneva lo stesso testo della lastra di Istanbul, però su sei righe anziché sette. Questi reperti sono di grande importanza, essendo fra i pochissimi resti sicuramente riconducibili al Tempio di Erode. Ma l’eccezionalità della scoperta riguarda il testo: ci troviamo di fronte ad esemplari di quelle lastre che, secondo Flavio Giuseppe, erano state poste sul muretto di recinzione del Tempio vero e proprio, per minacciare la pena di morte contro i Gentili che avessero tentato di superarne il limite. Secondo Flavio Giuseppe, le iscrizioni dovevano essere in latino e greco; quelle in latino evidentemente non sono state ancora trovate.
Come è abituale in gran parte delle iscrizioni antiche, anche in queste le parole sono scritte di seguito senza spazi, andando a capo quando è finita la riga. Questa la loro traduzione letterale:
“Nessuno straniero penetri entro la balaustrata che sta attorno al Tempio e nel recinto. Colui che vi fosse sorpreso, sarà la causa a se stesso della morte che seguirà”.
Questo testo ci illustra assai bene la scena descritta in Atti 21:28, quando l’apostolo Paolo fu accusato di aver profanato il luogo santo avendo “introdotto dei Greci nel Tempio”.
Si trattava del “greco” Trofimo d’Efeso, il quale comunque avrebbe avuto tutto il diritto di accedere all’Atrio dei Gentili. L’accusa avrebbe perciò avuto senso soltanto nel caso (impensabile) che Paolo avesse condotto Trofimo oltre la balaustra del recinto.


Gli scavi del professor B. Mazar hanno rivelato anche le fondamenta del muro sud della spianata del Tempio ed una strada di epoca erodiana. Al suolo, blocchi caduti all’epoca della distruzione da parte dei Romani.
Riprendiamo ora il discorso sull’Arco di Robinson. Come abbiamo detto prima, esso era stato interpretato come elemento di un ponte o viadotto che collegava la spianata del Tempio con la collina occidentale. In seguito però fu scoperto, sempre sul muro occidentale, un po’ più a nord, anche l’Arco di Wilson (i nomi sono quelli degli scopritori), e allora si pose il problema se le strade sopraelevate che collegavano il Monte del Tempio con la collina occidentale erano una o due. Successive ricerche hanno mostrato che effettivamente era soltanto l’Arco di Wilson a sostenere una strada che scavalcava la Valle del Tyropeon verso occidente.
L’altro arco, quello di Robinson, si è invece rivelato essere il supporto di una scala che, partendo dal Portico Reale, scendeva a ovest del Monte del Tempio fino a una terrazza, dalla quale una seconda scala ad angolo retto portava ad una strada sottostante. Sembra dunque definitivamente dimostrato che una sola strada collegava la spianata del Tempio con la Città Alta sulla collina occidentale.
Queste convinzioni derivano dagli scavi del prof. B. Mazar dell’Università Ebraica di Gerusalemme, che cominciarono nel febbraio 1968. Come è noto, a seguito della “Guerra dei Sei Giorni” del 1967, la “Città Vecchia” di Gerusalemme entrò a far parte dello Stato di Israele, e questo favorì la ripresa delle attività archeologiche, che sono tutt’ora in corso.

Gli ultimi ritrovamenti
Negli ultimi scavi effettuati nei pressi del Monte del Tempio dagli archeologi israeliani dopo la riunificazione di Gerusalemme, è stato anche scoperto un frammento, con una scritta in ebraico.
Si tratta di un blocco di pietra lungo 2,5 m, probabilmente caduto dalla cima del muro nel settore sudoccidentale. L’iscrizione ebraica parla del “luogo dove si suonavano le trombe” e può riferirsi allo squillo di tromba che segnalava l’inizio o la fine del Sabato, un compito che svolgevano i sacerdoti nel corso del loro turno di servizio. Lungo il muro è stato trovato anche qualche altro frammento, talvolta con qualche traccia di decorazione. A partire dal 1967 fu deciso di ispezionare il Muro occidentale (Muro del Pianto) per tutta la sua lunghezza (488 m), scavando al suo margine un tunnel, che oggi è possibile percorrere.
Tra le visioni più suggestive offerte dalla visita, forse la più sorprendente è quella delle pietre imitate: Erode, per ampliare la spianata, fu costretto infatti a tagliare la pendenza della collina rocciosa; però il lavoro fu condotto in modo da imitare le pietre a bugnato della muratura, così che ancora oggi (come aveva desiderato Erode per i suoi contemporanei) è quasi impossibile distinguere le vere pietre dalla loro imitazione.

Un’altro ritrovamento interessante è stato quello di una galleria lastricata che oltre a servire per l’afflusso dell’acqua forse fu usata come passaggio segreto tra il Tempio e l’Antonia; se quest’ipotesi si dimostrasse vera, ciò darebbe significato ad alcune affermazioni di Flavio Giuseppe, che fin qui erano rimaste oscure.
Flavio Giuseppe riferisce pure che Erode aveva intrapreso una mole enorme di sbancamenti e costruzioni, che al momento della sua morte dovettero essere sospesi e rimasero interrotti per sempre. Anche di questo gli archeologi hanno potuto acquisire le prove, essendosi imbattuti in vaste tracce di lavori incompiuti risalenti all’epoca erodiana.
A Gerusalemme, presso l’Hotel Holyland, gli archeologi hanno riprodotto la città dell’epoca di Gesù in un plastico in scala 1:50, che viene continuamente aggiornato in base ai risultati delle ricerche. In questa ricostruzione (riportata qui sopra) è rappresentato il settore del Tempio. Si distinguono bene il famoso Recinto, il Cortile delle Donne, e in fondo l’edificio del Tempio propriamente detto. Quella in basso nella fotografia è poi la Porta di Susa, che costituiva l’accesso al Tempio per chi proveniva da oriente.
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