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ARGOMENTO: Gerusalemme 3

Gerusalemme 3 06/04/2012 13:02 #1572

GERUSALEMME

AL TEMPO DI GESÙ (3)


La localizzazione del Pretorio, il palazzo dove risiedeva Pilato al momento del processo a Gesù, è una questione che appassiona gli archeologici e che è tuttora aperta, in attesa del contributo di ulteriori scoperte.



L'identificazione del pretorio
Col termine Pretorio si intende la residenza del governatore romano a Gerusalemme. Sapere dove si trovava è una delle domande a cui uno studioso di Archeologia Biblica vorrebbe trovare risposta, in quanto quello fu il luogo dove si svolse il processo a Gesù da parte di Ponzio Pilato.
La soluzione del problema non è delle più semplici, perché quando sembrava che gli esperti si trovassero finalmente d’accordo nell’identificare il Pretorio con la Fortezza Antonia, ripresero un’altra volta le discussioni. Questo succede tutte le volte che, in mancanza di prove certe, viene attribuito un peso diverso agli elementi emersi dagli scavi, dando talvolta maggior credito alle testimonianze letterarie o alla tradizione (Il caso del Pretorio sotto questo aspetto è emblematico, e il suo esame approfondito ci metterà in guardia dal dare subito credito ad affermazioni categoriche o dal lasciarsi prendere da facili suggestioni).
Cominciamo ad elencare i dettagli riferiti nei Vangeli che possono offrire elementi utili per la localizzazione del Pretorio:

• I sacerdoti consegnano Gesù a Pilato (Mt 27:1-2; Mr 15:1; Lu 23:1): il luogo dove ciò avvenne è il Pretorio.
• I Giudei restano fuori a parlare con Pilato (Gv 18:28).
• Pilato rientra nel Pretorio per interrogare Gesù (Gv 18:28-29).
• Pilato invia Gesù ad Erode Antipa, che poi glielo rimanda (Lu 23:6-11).
• Pilato si siede in tribunale (bema) alla presenza della folla (Mt 27:19).
• Pilato discute con la folla sulla liberazione di un prigioniero per la festa di Pasqua (Mt 27:20-23; Mr 15:6-14; Lu 23:17-23).
• Pilato si lava le mani davanti alla folla (Mt 27:24).
• Pilato fa flagellare Gesù davanti alla folla (Mt 27:26a; Lu 15:15; Gv 19:1).
• I soldati riportano Gesù nel cortile interno, cioè dentro il Pretorio (Mt 27:27; Mr 15:16).
• I soldati gli mettono la corona di spine (Mt 27:29; Mr 15:17; Gv 19:2).
• Pilato riconduce fuori Gesù, e presentandolo alla folla dice: “Ecco l’Uomo” (Gv 19:5).
• Pilato riporta Gesù dentro il Pretorio per reinterrogarlo (Gv 19:9).
• Pilato riporta ancora fuori Gesù (Gv 19:13a).
• Pilato si pone (di nuovo) a sedere nel tribunale (Gv 19:13b).)
• Il luogo del tribunale era chiamato Lastrico e Gabbata (Gv 19:13c).
• Pilato consegna Gesù ai Giudei perché sia crocifisso (Mt 27:26b; Mr 15:20; Lu 23:24-25; Gv 19:16).


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Il Pretorio nella Torre Antonia?

Supponendo che il Pretorio si possa identificare con la Torre Antonia, vediamo che cosa dice Flavio Giuseppe riguardo a questa fortezza:“Sorgeva all’angolo dove si incontravano l’ala nord e l’ala ovest del portico di recinzione del Tempio, su una prominenza rocciosa (...). Era stata fabbricata dal re Erode [il Grande], che vi aveva sfoggiato tutto il suo naturale trasporto per la sontuosità. (...) L’interno aveva l’ampiezza e la sistemazione di una reggia; infatti era suddiviso in appartamenti di ogni forma e destinazione, con portici, bagni e ampie caserme, sì da sembrare una città perché era fornita di tutto il necessario, ed una reggia per la sua magnificenza. (...) Aveva quattro torri (...) e dalla sua sommità si poteva spaziare su tutto il Tempio. (...) Al suo interno era sempre acquartierata una coorte romana, che nelle feste si schierava in armi sopra ai portici per vigilare sul popolo e impedire qualche sommossa. Se il Tempio dominava la città come una fortezza, l’Antonia a sua volta dominava il Tempio, e chi la occupava dominava su tutti e

tre, anche se la città aveva la propria rocca nel Palazzo di Erode (Guerre Giudaiche, 5.5.8
In base a quanto afferma lo scrittore ebreo, non sembra fuori luogo pensare che Pilato scegliesse proprio l’Antonia come sua residenza quando si recava a Gerusalemme.
Pare anche di poter ravvisare l’Antonia nella “fortezza” citata nel libro degli Atti, in cui Paolo venne imprigionato quando la folla l’accusò di aver introdotto un pagano nel recinto sacro del Tempio (Atti 21:34, 37). Dal racconto emerge che questa fortezza si trovava in un luogo elevato (22:30), e che vi si poteva accedere salendo una gradinata (21:40).
Ritornando ora ai dettagli dei Vangeli, vediamo che fuori del Pretorio propriamente detto (Gv 19:13a) si trovava il tribunale (gr. bema) (19:13b), in un luogo che la gente chiamava Lastrico (gr. Lithostrotos) e in ebraico Gabbata (19:13c).
Il termine greco “Lithostrotos” indica un luogo lastricato con grosse pietre, e potrebbe essere lo spiazzo aperto davanti al palazzo, accessibile alla gente, che certamente aveva colpito la fantasia popolare per la sua particolare pavimentazione. Quanto al termine ebraico (o meglio, aramaico) “Gabbata”, esso non è l’equivalente del greco “Lithostrotos”, ma significa invece “altura”; questa parola avrebbe quindi sottolineato con forza che il posto dove Pilato amministrava la giustizia era un “luogo elevato”.
Esaminiamo ora i dati archeologici. Ancora oggi viene mostrato ai visitatori, nella zona dove sorgeva la Fortezza Antonia, l’Arco dell’Ecce Homo (che prende il nome dalle parole pronunciate da Pilato: “Ecco l’Uomo”, secondo la versione latina).


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Quest’arco, che ha costantemente caratterizzato un punto fisso della Via Dolorosa, fu in parte incorporato, nel 1864, nella costruzione del Monastero delle “Sorelle di Sion”. Scavi condotti nell’interno della chiesa del Monastero hanno mostrato senza ombra di dubbio che l’Arco al tempo di Gesù non c’era, perché fu eretto soltanto dopo l’anno 135, quando Gerusalemme, dopo la Seconda Rivolta, fu definitivamente soggiogata e diventò una città romana col nome di Aelia Capitolina (dal nome dell’imperatore Aelio Adriano). Si ritiene quindi che il cosiddetto Arco dell’Ecce Homo facesse parte di una serie di archi trionfali, ma c’è anche la recente ipotesi che lo interpreta come l’entrata occidentale della zona del mercato. Comunque sia, quest’arco non è per nulla connesso con la Fortezza Antonia.

Tuttavia, gli scavi nel Monastero delle Sorelle di Sion e nel vicino Convento francescano della Flagellazione, oltre a permettere la ricostruzione della Fortezza Antonia, hanno consentito di scoprire negli anni 1931-1932 un pavimento che fu identificato come il Lithostrotos del Vangelo di Giovanni. La scoperta, effettuata da L. H. Vincent, suscitò immediati entusiasmi. Riportiamo le parole del celebre archeologo W. F. Albright: “Per decenni si è dibattuto sull’ubicazione del Pretorio, con una preponderanza di elementi probatori favorevole ad una identificazione

di esso nei pressi del Palazzo di Erode e della Porta di Giaffa.

Ma poi il Lithostrotos è stato definitivamente localizzato dai brillanti saggi di scavo di L. H. Vincent i quali tennero conto delle macerie che spuntavano dal terreno nella zona della Fortezza Antonia (all’angolo nord-ovest del Recinto del Tempio) e degli scavi condotti quietamente per tanti anni dalle Dame di Sion e dai Francescani del Convento della Flagellazione. Père Vincent è riuscito a determinare i limiti del magnifico pavimento romano che si estende per non meno di 2500 mq sotto l’Arco dell’Ecce Homo. Così pure è riuscito a provare che questo pavimento dovette essere il cortile della Fortezza Antonia eretta su di una elevazione rocciosa, in netto distacco dal terreno circostante, alla quale il nome aramaico di Gabbatha si attagliava alla perfezione. L’Arco dell’Ecce Homo venne costruito sopra quel pavimento, molto tempo dopo che quest’ultimo era rimasto sepolto dalle rovine della Fortezza Antonia, ad opera dei costruttori romani di Aelia Capitolina (...). Questa sorprendente conferma data dall’Archeologia alla fondatezza dei nomi greci ed aramaici conservati nel Vangelo di Giovanni non può essere accidentale.” (L’Archeologia in Palestina, Firenze, 1958, pag.308).
Incisi nelle pietre del Lithostrotos sono stati anche trovati dei “giochi” usati dai Romani, uno dei quali viene presentato ai visitatori come il “Gioco del Re”, con riferimento (alquanto fantasioso) all’episodio dei soldati che per dileggio abbigliarono Gesù con un manto regale e una corona.
Tuttavia, nonostante il peso degli argomenti addotti fin qui a favore dell’Antonia, alcuni studiosi hanno continuato ad avanzare obiezioni, sostenendo che a Gerusalemme la residenza del governatore romano non poteva che essere il palazzo di Erode. Essi si appoggiano soprattutto ad un passo di Filone di Alessandria, nel quale è raccontato che Pilato aveva innalzato le insegne dorate a Gerusalemme nel Palazzo di Erode, in onore dell’imperatore Tiberio (Filone di Alessandria, Sull’Ambasceria a Gaio, pag.48). Ciò significherebbe dunque che Pilato aveva soggiornato in quel palazzo.
C’è poi un altro brano in cui Flavio Giuseppe, parlando di Floro – l’ultimo dei governatori romani (65-66) – riferisce che quando costui si recò a Gerusalemme “prese alloggio nella reggia [ossia nel Palazzo di Erode], e il giorno dopo, avendo innalzato lì davanti il suo tribunale [gr. bema], vi prese posto...” (Guerre Giudaiche, II.4.8

Qualche conclusione
Mettendo insieme le due informazioni ed estendendone il significato, si potrebbe dunque dedurre che il governatore romano, che abitualmente risiedeva a Cesarea, quando si recava a Gerusalemme stabiliva la sua residenza nel Palazzo di Erode (ossia nella reggia fortificata che tanti anni prima Erode il Grande aveva costruito sulla Collina Occidentale); e lì, in uno spiazzo antistante, aperto ed elevato, erigeva il tribunale ed amministrava la giustizia. Quanto all’Antonia, essa sarebbe stata invece la sede del tribuno , come si desumerebbe dal racconto dell’arresto di Paolo nel libro degli Atti ( 21:31). Se così stavano le cose, la città sarebbe stata doppiamente sorvegliata: dalla rocca del Palazzo di Erode, sede del governatore e Pretorio, e dalla Fortezza Antonia, sede del tribuno e della guarnigione (si trattava di una coorte, consistente in circa mille uomini tra fanti e cavalieri, comandata da un tribuno, un alto ufficiale che aveva sotto di sé altri ufficiali di rango inferiore, chiamati centurioni).

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si potrebbe a questo punto chiedere: ma se Pilato stava nel Palazzo di Erode e nell’Antonia c’era il tribuno, dove soggiornava in quei giorni Erode il Tetrarca, a cui Pilato inviò Gesù? (Lu 23:6-11). Quelli che identificano il Pretorio col Palazzo di Erode non esitano a rispondere che Erode Antipa detto il Tetrarca risiedeva nella vecchia reggia nota come Palazzo degli Asmonei. Si dà il caso però che di detto palazzo – di cui Flavio Giuseppe ha parlato parecchie volte – non è stata scoperta finora alcuna traccia. Riferiamo al riguardo un brano dell’archeologo israeliano Nahaman Avigad:

“Secondo le descrizioni [di Flavio Giuseppe], il Palazzo degli Asmonei costituiva un collegamento tra la Città Alta e l’edificio sacro [= il Tempio] (l’odierno Arco di Wilson). Perciò esiste tra tutti gli studiosi identità di vedute sul fatto che il palazzo [degli Asmonei] si trovasse in un luogo elevato ad ovest del Tempio, cioè nella parte nord-orientale del quartiere ebraico. Nei nostri scavi in questa zona non abbiamo però trovato resti attribuibili al Palazzo degli Asmonei. Ma si deve considerare che non abbiamo scavato molto in questo punto e non è da escludere che dei resti siano ancora nascosti sotto le costruzioni in siti ancora non scavati.” (Gerusalemme,Archeologia della Città Santa, Roma, 1986, pag.58).
A tutto ciò dobbiamo poi aggiungere che in nessun luogo in prossimità del Palazzo di Erode (che si trovava nella zona della Cittadella, vicino alla Porta di Giaffa) è stata trovata traccia di un pavimento lastricato, riconducibile al famoso Lithostrotos. Riassumendo, ecco la situazione:
• la prima teoria, quella che identifica il Pretorio con l’Antonia, ha dalla sua validi indizi archeologici e non è apertamente contraddetta dalle fonti storiche;
• la seconda teoria, quella che identifica il Pretorio col Palazzo di Erode, si poggia su fortissimi argomenti storici ma non è stata finora confermata da reperti provenienti dagli scavi.
Tuttavia quest’ultima teoria – nonostante l’assenza di prove archeologiche – è stata ripresa una quarantina di anni fa e sostenuta con forza da P. Benoit (Prétoire, Lithostroton e Gabbatha, Revue Biblique, ott.1952, pagg.531-550), ed in seguito è stata appoggiata da numerosi altri studiosi, le cui argomentazioni provocano non poco disorientamento, fino al punto di farci dubitare di quella che avevamo ritenuto una “prova sicura” (il Lithòstrotos dell’Antonia). Obiettivamente, si resta perplessi di fronte a convinzioni diametralmente opposte avanzate da specialisti seri, la cui unica passione è quella della ricerca della verità storica. E a questo punto, non ci resta che prendere atto della nostra ignoranza, e sperare in future scoperte.

  • stefano
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