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ARGOMENTO: Gerusalemme 4

Gerusalemme 4 06/04/2012 13:08 #1573

GERUSALEMME

AL TEMPO DI GESÙ (4)


Anche se la questione è evidentemente poco rilevante per la nostra fede nella storicità della morte e della risurrezione di Cristo, ancora oggi non è possibile stabilire con certezza storica ed archeologica i luoghi dove questi due straordinari eventi avvennero.


Il Golgota e la Tomba di Cristo
La localizzazione del Golgota, il luogo dove Gesù fu crocifisso, e della Tomba, che si trovava in un giardino nelle vicinanze, è un altro “problema” dell’archeologia biblica, in cui si rischia di non poter mai raggiungere la certezza, ma tutt’al più una elevata probabilità. Prima di addentrarci nelle ragioni di questa incertezza, cerchiamo di definire il problema. Dal Nuovo Testamento si ricava che il Golgota era all’esterno di Gerusalemme, forse vicino ad una porta (“il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città”, Gv 19:17); certamente in prossimità di una strada ( “Quelli che passavano lì vicino lo insultavano”, Mr 15:29; Mt 27:39). In sostanza, il Golgota va cercato fuori della cinta del tempo di Gesù. Ma il problema è: dove passava questa cinta.
Abbiamo già accennato ai vari muri di fortificazione che circondavano la Gerusalemme del 1° secolo (vedi pag. 60-62). Cerchiamo ora di approfondire l’indagine, tentando di capire qual era il muro più esterno al tempo di Gesù e quale ne fosse il percorso.
Partiremo come sempre dalle fonti storiche, confrontandole poi con i reperti archeologici. Teniamo presente che per il nostro scopo sarà sufficiente esaminare le fortificazioni a nord della città, esaminando la cartina riportata qui sotto.

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Riguardo al “Primo Muro” (chiamato anche Muro Primitivo o Prima Fortificazione) – descritto da Flavio Giuseppe e riconosciuto sul terreno nel corso degli scavi da Nahaman Avigad – si è ormai certi che risaliva al periodo della monarchia d’Israele, e sul suo tracciato c’è un sostanziale accordo fra gli studiosi.
Non si può dire la stessa cosa invece per il “Secondo Muro”.
Esso viene attribuito al periodo degli Asmonei, e a costruirlo potrebbe essere stato quel Giovanni Ircano (134-104 a.C.) di cui è detto: “Le altre gesta di Giovanni (...), le mura che edificò, e le sue imprese, ecco, sono tutte cose scritte nel libro degli Annali...” (1Maccabei 16:23-24).
Riguardo al suo percorso non abbiamo che la testimonianza di Flavio Giuseppe: “Il Secondo Muro cominciava dalla porta nel Primo Muro che si chiamava Gennath e, cingendo [gr. kukloumenon] solo la parte settentrionale della città, arrivava fino all’Antonia” [3]. Di questa descrizione l’unico punto sicuro è quello d’arrivo (l’Antonia), che tuttavia potrebbe essere sul lato nord o sull’angolo nord-ovest della fortezza.
Quanto al punto di partenza, non c’è nelle fonti storiche alcuna altra notizia di una porta chiamata Gennath. (Porta di Gennath significa “Porta dei Giardini”. Forse con questo termine ci si riferiva ad una zona fuori del muro caratterizzata da giardini; ciò darebbe luogo ad un collegamento col “giardino” citato in Giovanni 19:41). La porta Gennath viene comunque localizzata da tutti gli studiosi in prossimità della Torre di Hippico, e di conseguenza nei pressi dell’attuale Porta di Giaffa.
Il problema tuttavia sta nel determinare quale percorso seguiva il muro dal punto d’inizio (porta Gennath) al punto d’arrivo (Antonia).
L’unica indicazione fornita da Flavio Giuseppe è che questo muro “cingeva” la parte settentrionale della città. Una interpretazione forse piuttosto rigida della parola greca kukloumenon ha portato alcuni a ritenere che l’andamento del muro fosse ad arco di cerchio.
La questione non è per nulla irrilevante perché, se così fosse, la chiesa del Santo Sepolcro verrebbe a trovarsi all’interno della città, e ciò ne causerebbe l’inautenticità. (E’ questa l’interpretazione seguita dai sostenitori del Calvario di Gordon e della Tomba del Giardino).
Coloro che invece ritengono che il luogo dove oggi sorge la chiesa del Santo Sepolcro si trovasse all’epoca di Gesù oltre il muro, si appoggiano su una serie di reperti archeologici, che darebbero la prova di una brusca deviazione della seconda cinta, dalla direzione sud-nord a quella ovest-est, per poi riprendere di nuovo la direzione sud nord.
Questo tracciato a zig zag (per nulla in contraddizione col testo di Flavio Giuseppe), permetterebbe così di considerare la chiesa del Santo Sepolcro come il luogo autentico dove Gesù morì e fu sepolto.
Tuttavia l’interpretazione di questi resti archeologici non è unanimemente condivisa, quindi sarebbe più corretto parlare di “importanti indizi” anziché di prove.


Il cosidetto “Santo Sepolcro”
Da quanto stiamo dicendo, risulta chiaro che a Gerusalemme oggi vengono indicati come “luogo del Golgota e della Tomba” due siti distinti: da una parte, la chiesa del santo Sepolcro, dall’altra, la zona dello “Skull Face Rock” (Calvario di Gordon) e della “Garden Tomb” (Tomba del Giardino), che si trova 700 m più a nord, fuori della cinta della “Città vecchia”. Per cercare di capire quale di questi poteva essere il “luogo autentico”, prenderemo in esame altri elementi.
Cominciamo dal luogo dove oggi sorge la chiesa del Santo Sepolcro. A suo favore starebbe la tradizione. È evidente che i primi cristiani sapevano perfettamente dove si trovava la Tomba di Cristo (per esempio: Giuseppe diArimatea, le due Marie, Pietro e Giovanni).
Nella cultura ebraica, alla quale essi appartenevano, era fortemente radicata l’abitudine di conservare il ricordo delle tombe dei personaggi importanti (si potrebbe fare un lungo elenco a partire dalle tombe dei patriarchi). Non si vede quindi perché avrebbero dovuto fare eccezione per la tomba di Gesù, tanto più che vi era avvenuto il prodigioso miracolo della Risurrezione.
Pertanto è lecito supporre che la memoria del luogo della Tomba sia rimasta viva anche per le successive generazioni, almeno fino al momento della Seconda Rivolta Giudaica (131-134).
Dopo, effettivamente, la nozione del luogo della Tomba potrebbe essersi affievolita, perché tutti i Giudei, compresi i giudeo-cristiani, furono costretti a lasciare Gerusalemme; e la città cambiò addirittura nome, diventando Aelia Capitolina.
Pare certo che l’imperatore Adriano, nell’intento di cancellare ogni testimonianza delle tradizioni giudaiche, abbia fatto seppellire sotto tonnellate di macerie anche il luogo del Golgota e della Tomba. Tutta la città si riempì di templi pagani, e così rimase per tutto il 2° e il 3° secolo. Sappiamo tuttavia – da qualche notizia pervenutaci – che in quel periodo viveva a Gerusalemme una comunità pagano-cristiana, composta da Gentili (ossia non ebrei) che si erano convertiti al Cristianesimo.
Sapevano costoro qual era il luogo del Golgota e della Tomba?
Nessuna fonte ne parla, ma che lo sapessero e se lo fossero tramandato da una generazione all’altra non è per nulla improbabile.
Quando poi, con Costantino, il Cristianesimo diventò religione ufficiale nell’Impero (313), a Gerusalemme si ebbe la possibilità di riportare alla luce i “luoghi santi”. Le testimonianze a questo punto si fanno numerose.
Quella più antica e più nota è di Eusebio, vescovo di Cesarea, scritta tra il 337 e il 340 (“Vita di Costantino”, III, p.25 sg.). Secondo quanto riferisce questo scrittore, l’intera area era stata ricoperta con una grande quantità di terra e lastricata di pietra, e al di sopra della “grotta sacra”, cioè della Tomba, era stato eretto un tempio dedicato ad Afrodite.
Ecco come egli descrive il ritrovamento della Tomba: “Sembrò [a Costantino] suo dovere restituire alla vista e alla venerazione di tutti il santissimo luogo della Risurrezione del Salvatore (...) E quando un nuovo ordine di cose sostituì l’antico (cioè, dopo aver scavato e ripulito il luogo), il suolo [primitivo] riapparve nelle profondità della terra e, contro ogni speranza, la venerabile e santissima testimonianza della Risurrezione del Salvatore venne alla luce, mentre la «grotta», [nuovo] Santo dei Santi, rifletteva in un modo singolare il ritorno del Salvatore alla vita...”.
A questo punto è lecito chiedersi: gli uomini di Costantino scoprirono la sepoltura giusta?
E se si fosse trattato soltanto di una delle tante tombe della zona?
Nessuno è oggi in grado di fornire una risposta precisa. Si può tutt’al più pensare che gli scavatori siano riusciti a identificare la Tomba per qualche segno particolare, che però le fonti non ci hanno tramandato.
Dal momento della scoperta in poi tutto si fa più chiaro: la storia della “grotta”– sebbene assai tormentata – si snoda senza lacune (ne riferiremo fra poco qualche dettaglio), però non riguarda più il problema dell’autenticità.
Infatti, possiamo essere assolutamente certi che quei pochi resti oggi conservati nella chiesa del Santo Sepolcro appartengono alla tomba che gli operai di Costantino portarono alla luce. Quindi il punto cruciale di tutta la vicenda è di sapere se quella trovata al tempo di Costantino era veramente la Tomba di Cristo oppure no (ma abbiamo appena detto che non è possibile avere una risposta sicura).
Prima di andare avanti, prendiamo comunque nota delle dichiarazioni di due eminenti studiosi, André Parrot e Dan Bahat: “Crediamo ormai accertato che Golgota e Sepolcro hanno grandissima probabilità di trovarsi proprio là [cioè nella chiesa del Santo sepolcro] e non altrove, in questa Gerusalemme tanto sconvolta dai giorni di Pilato. La parte di incertezza che rimane è minima, e sembra che non sia possibile eliminarla” (A.Parrot).
“Noi potremmo non essere assolutamente certi che il sito della chiesa del Santo Sepolcro sia quello della sepoltura di Gesù, ma con certezza non conosciamo un altro sito che possa rivendicarne il diritto come importanza, e pertanto non abbiamo un motivo vero per respingere l’autenticità del luogo” (Dan Bahat).
Dal racconto di Eusebio, sappiamo che Costantino fece isolare la roccia in cui era stata scavata la tomba, e la fece ornare tutt’intorno di colonne. Poi fece costruire una specie di padiglione in muratura, per coprirne l’entrata.
Costantino però non si limitò ad incorporare la roccia della Tomba nell’Edicola, ma ricoprì il tutto con una grande Cupola, che poi fu chiamata Anastasis (= Risurrezione).
In seguito, all’Anastasis furono affiancati altri fabbricati: una basilica a cinque navate (Martyrium) e un altro elemento che si diceva racchiudesse il Golgota (ad Crucem).
Tutto questo lo sappiamo da Eusebio, che ne ha lasciato una descrizione, dalla quale però è difficile risalire ai particolari, perché lo scrittore si fa prendere la mano dalla lode per l’imperatore, e l’enfasi ha sempre la prevalenza sul rigore.
Sappiamo poi che l’Edicola di Costantino venne distrutta dal califfo Hakim nell’anno 1009, durante la dominazione musulmana; in seguito venne ricostruita dai Crociati, nei secoli XI e XII; fu poi nuovamente spogliata sotto il Saladino, nel 1187, e decadde per tutto il medioevo; nel 1555 fu riedificata dal Custode Francescano di Terrasanta; nel 1808 un incendio danneggiò gravemente ogni cosa, ma due anni dopo l’Edicola con tutto il resto venne ricostruita dai greci ortodossi, con uno strano stile che si potrebbe definire turco-barocco; poi, nel 1927, un terremoto danneggiò gravemente le pietre, minacciando di farle crollare; e finalmente, nel 1947, il Protettorato Britannico della Palestina, per evitarne il crollo, legò le parti dell’Edicola con travi di ferro che sono durate fino ad oggi. Il risultato, per dirla con Parrot, è che oggi “l’edicola che copre la presunta Tomba di Cristo è una sfida all’architettura e al più elementare buon gusto”.
Se qualcuno ancora pensava che, visitando la chiesa del Santo Sepolcro, fosse possibile distinguere qualcosa della presunta Tomba di Cristo, a questo punto crediamo si sarà convinto del contrario.
Oggi viene mostrato come “frammento della tomba originale” soltanto un elemento in pietra che si trova ai piedi della Cappella Copta, mentre qualche pezzo del muro dell’Edicola del IV secolo è conservato nella vicina Cappella Siriana. Il peggio è però che visitando la chiesa ci si trova in mezzo ad una profusione di altari, cappelle, lampade, icone, tra un insieme di elementi eterogenei; il “santuario più venerato del mondo” è in realtà un microcosmo in cui l’Oriente e l’Occidente si scontrano, nel quale i riti vengono officiati in un caotico eterogeneo alternarsi da Greci, Latini, Armeni, Copti, Siriani ed Etiopici.
È comprensibile quindi che ad alcuni la chiesa del Santo Sepolcro come luogo autentico della Tomba di Cristo sembri impossibile, e non già perché sorge, secondo loro, nel cuore stesso della città, o per lo stravolgimento e la sovrappposizione delle strutture che non lasciano più nulla all’immaginazione, quanto piuttosto a motivo della eterna gazzarra che si scatena per le rivalità confessionali.



Il Giardino della Tomba
Quanti aspirano ad un luogo di raccoglimento, in un’atmosfera di aria pura e di cielo, lo trovano invece nel Giardino della Tomba, di cui ci accingiamo ora a tratteggiare la storia. Se non che, ci si trova di fronte ad una situazione paradossale: la Tomba del Giardino e il Calvario di Gordon l’archeologia non li garantisce neppure minimamente!.
Vediamo dunque per sommi capi la vicenda. Nel 1883 giunse a Gerusalemme il generale inglese Gordon, quello stesso che due anni più tardi si sarebbe distinto nell’eroica difesa di Khartum. Egli si interessava di problemi biblici e riteneva di poter vedere nella città santa l’immagine stessa della rivelazione divina. Fu colpito dall’aspetto di una collina, alla quale alcune vecchie cave avevano conferito una certa somiglianza con un cranio. Ma secondo l’archeologo Wilson, suo amico, non fu tanto la forma della collina ad impressionare il generale, quanto piuttosto il fatto che la Gerusalemme antica, rappresentata come un enorme scheletro coricato sul fianco, aveva i piedi alla Piscina di Siloe, il bacino sulla spianata del Tempio e il cranio su una delle colline fuori delle mura, che doveva evidentemente corrispondere al Calvario!
Il generale si convinse che quello era il luogo del sacrificio di Cristo in base ad un passo del Levitico (1:11), in cui è detto che le vittime dovevano essere sacrificate “sul lato settentrionale dell’altare”.
Ma lasciamo la parola allo stesso Gordon: “Se una direzione particolare fu data da Dio sul dove i soggetti dovessero essere sacrificati, una deduzione sicura è che il Prototipo [l’Agnello di Dio] sarebbe stato sacrificato in una certa posizione rispetto all’altare, e la collina del Teschio [da me indicata] soddisfa a quanto detto. (...) [Invece] il Santo Sepolcro latino [la chiesa del Santo Sepolcro] sta a occidente dell’altare [che era situato davanti al Tempio], e perciò, a meno che i modelli [ossia le descrizioni del Levitico] non siano sbagliati non dovrebbe mai essere stato preso per il luogo [del Golgota e della Tomba]”.

Tutto lo scritto del Gordon è dello stesso tenore del brano che abbiamo riportato.
Nel 1867, parecchi anni prima che Gordon identificasse il suo Calvario, a poca distanza era già stata osservata una tomba scavata nella roccia, la quale fu in seguito accettata come la Tomba di Cristo.
Questa tomba, con la sua disposizione, con la scanalatura davanti all’ingresso lungo la quale si poteva far rotolare una specie di pietra da mulino, offriva un’immagine aderente a quella descritta nei Vangeli. Malgrado le proteste di persone qualificate, la Chiesa Anglicana ne accettò ed incoraggiò l’identificazione. Con una leggera deformazione del nome inglese, Gordon divenne Garden, e la tomba oggi è nota col nome di Garden Tomb, ossia Tomba del Giardino.
In seguito, la Chiesa Anglicana si ritirò, ma il luogo continuò ad essere frequentato, ed è tutt’ora una delle tappe preferite dai visitatori di estrazione evangelica che amano raccogliersi in un sito tranquillo per ispirarsi e meditare. Ma questo prescinde, evidentemente, dal discorso storico-archeologico sull’identificazione del sepolcro di Cristo.
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